Il vescovo sul caso di don Contin: «Comportamenti inaccettabili. Vogliamo verità e giustizia»
VIDEO La dichiarazione pubblica del vescovo Claudio sui noti fatti di cronaca che da prima di Natale stanno coinvolgendo due sacerdoti padovani. «Starei volentieri in silenzio come un padre di fronte a un figlio che è caduto in qualche disgrazia. Ma la strada verso la piena verità e giustizia richiede alcune decisioni».
La telefonata di papa Francesco: «Mi ha incoraggiato a essere forte». Le decisioni canoniche su don Andrea Contin, il potenziamento del tribunale ecclesiastico e l'avvio di una «commissione indipendente per l’ascolto e la raccolta di osservazioni, denunce contro comportamenti di preti, religiosi, diaconi, operatori pastorali in genere».
La lettera alle comunità.
L'intervista al vicario generale don Giuliano Zatti.
«Di fronte a questa situazione non provo rancori, ma dispiacere e dolore – ha sottolineato il vescovo Claudio, giovedì 2 febbraio in occasione di una dichiarazione pubblica sui fatti che, da oltre un mese, stanno interessando la diocesi – Starei volentieri in silenzio come un padre di fronte a un figlio che è caduto in qualche disgrazia. Ma siccome stiamo lavorando per fare verità e anche giustizia, per questo vorrei condividere alcuni pensieri e alcune decisioni, chiedendo scusa ma al tempo stesso cantando le lodi della nostra chiesa, del tanto bene compiuto silenziosamente, e sono orgolioso di esserne il vescovo».
Si tratta di decisioni di ordine canonico per quanto riguarda don Andrea Contin e di valutazione e ulteriore verifica per quanto concerne don Roberto Cavazzana, ma anche indicazioni di lavoro e potenziamento degli strumenti in mano alla Chiesa diocesana per affrontare eventuali altre situazioni. La vicenda è scandalosa e dolorosa. Molte sono in questo periodo le attestazioni di vicinanza da parte di preti, vescovi, comunità, singoli fedeli e
sabato 28 gennaio, alle 19.30 circa, è arrivata anche la telefonata di papa Francesco che ha espresso vicinanza e sostegno: «Mi ha incoraggiato a essere forte nel portare questo impegnativo e doloroso momento della vita della nostra chiesa padovana» ha commentato il vescovo Claudio.
Per quanto riguarda don Andrea Contin «anche se penalmente non ci fosse rilevanza – ha detto il vescovo, riprendendo quanto scritto nella lettera inviata alle comunità cristiane lo scorso 19 gennaio – canonicamente, cioè secondo le regole che come chiesa ci siamo dati, siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari perché non possiamo accettare fraintendimenti». E ha aggiunto: «Le conclusioni alle quali sono arrivato mi fanno soffrire, ma so che sono necessarie. Non sono provocate dal clamore mediatico, ma da verifiche dirette» e naturalmente riguardano il piano ecclesiale, fermo restando che, per quanto riguarda l’indagine sulle ipotesi di reato la competenza è della magistratura.
«Purtroppo – ha dichiarato il vescovo Claudio rispetto a don Andrea Contin – abbiamo maturato la certezza di sue gravi responsabilità morali. Si tratta di comportamenti inaccettabili per un prete, per un cristiano e anche per un uomo. Prendiamo assoluta distanza da qualsiasi condivisione o giustificazione di quanto è stato vissuto: sono intollerabili semplicemente. Questi comportamenti immorali sono stati ammessi di fronte a me, al vicario generale e al Tribunale ecclesiastico solo in questi giorni».
«La chiesa – ha proseguito il vescovo Claudio – chiede ai cristiani il rispetto dell’altro/a, crede nell’insegnamento del vangelo e in una condotta morale coerente con esso. I nostri peccati sono sempre tradimenti della nostra fede. Anche se sappiamo che il Signore è grande nella sua misericordia, non possiamo confondere il male con il bene, accettare come nostro habitat la falsità, ingannare le persone. E questo soprattutto se abbiamo un incarico dalla chiesa che ci rende in qualche misura suoi rappresentanti […]
La stessa scelta del celibato è stata fatta da noi in età adulta, nel pieno possesso della nostra libertà, per servire meglio le comunità. È una scelta che non consente una doppia vita. Il comportamento di don Andrea, per altro stimato in parrocchia per le sue indicazioni pastorali e le sue riflessioni spirituali, è stato in totale contrasto con gli impegni che si è assunto con la chiesa. Ha scelto, o forse più opportunamente diciamo che si è trovato, è caduto in una situazione di non comunione con il Signore e la chiesa. Il suo stile di vita non è stato consono con gli obblighi di un prete. Il contrasto tra lo stato clericale e lo stile di vita è così grave e profondo da rendere don Andrea non idoneo a esercitare il ministero. La sua stessa figura è stata così compromessa da non poter essere presentato a un'altra comunità, anche in presenza di un sincero pentimento».
«Per questi motivi vi comunico che per don Andrea abbiamo aperto la procedura per la sospensione a divinis in attesa di approfondire i termini che possano portare alla dimissione dallo stato clericale».
Per quanto riguarda don Roberto Cavazzana: «Per lui non abbiamo ancora elementi sufficienti per capire come accompagnarlo a fare verità su se stesso. Mi sembra un caso comunque diverso. Non c’è riscontro né responsabilità penale – non è infatti indagato – e il suo coinvolgimento ci risulta essere stato parziale e occasionale. Comunque non accettabile per un sacerdote. La sua situazione è stata acuita oltre il reale. Su tutti questi fatti si potrebbe aprire una onesta riflessione etica, sociologica e culturale non solo riguardante la chiesa».
Il vescovo ha inoltre sottolineato che alla diocesi non risultano altri preti coinvolti, e segnalato due azioni “strutturali”: da un lato il potenziamento, in termini di risorse di personale, del Tribunale ecclesiastico diocesano e dall’altro la costituzione, nel giro di poche settimane, di
«una commissione indipendente per l’ascolto e la raccolta di osservazioni, denunce contro comportamenti di preti, religiosi, diaconi, operatori pastorali in genere… Non si tratta di sostituirsi alla magistratura, a cui invitiamo a rivolgersi direttamente se ci si ritenga vittima di reati. Noi possiamo solo incoraggiarle e ringraziamo chiunque ci aiuti a fare trasparenza». La commissione avrà una durata limitata nel tempo, presumibilmente un anno, per «facilitare l’emergere veloce di eventuali problemi»; disporrà di una linea telefonica con numero esclusivo, un indirizzo email e la possibilità di appuntamenti personali (i riferimenti saranno indicati, non appena attivata, nel sito diocesano). Opportunità che non esclude di rivolgersi direttamente al vescovo, ai vicari o al Tribunale ecclesiastico, come da prassi ordinaria.
Infine, in riferimento alle segnalazioni dei mesi scorsi che hanno permesso l’avvio dell’indagine previa, il vescovo Claudio ha precisato che erano giunte «delle segnalazioni, inizialmente “anonime”, nel senso che chi le portava aveva disagio a dichiararsi, ma è stato sollecitato a portare una memoria scritta. In questi casi, infatti, diventa fondamentale tutelare la riservatezza, ma anche verificare l’attendibilità e collaborare nell’assunzione di responsabilità personale di quanto si afferma». Solo successivamente «tali segnalazioni si sono “concretizzate” con un atto scritto e autografato, una a fine maggio e una a metà ottobre. Da qui è partita l’indagine previa, e dopo la deposizione al Tribunale ecclesiastico è stato consigliato da noi stessi di rivolgersi alla magistratura».