A San Francesco, nel cuore di Padova, 17 ragazzi hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella veglia pasquale
«Il rinnovo della catechesi è stata una scelta epocale della nostra diocesi – commenta padre Vittorio Bellè, il parroco di San Francesco – Di fronte a questa nuova impresa, i catechisti abituati al metodo tradizionale non se la sono sentita di proseguire. Ma noi abbiamo accettato la sfida e il Signore ci ha aiutati. I ragazzi sono entusiasti, solari e contenti, molto più di quanto non vedessi in passato, e sono convinto che questo cammino rimarrà loro impresso».
Non sempre si può racchiudere la complessità di un giudizio in un semplice numero. Specie se l’oggetto della valutazione non è, sotto diversi punti di vista, nemmeno quantificabile. In questo caso, però, il voto non è di quelli che diano atto a recriminazioni. È, infatti, un lusinghiero “sette e mezzo” e indica come gli aspetti positivi superino di gran lunga quelli negativi: considerando tutte le legittime attenuanti, un esito di cui esser soddisfatti. Come lo è, per l’appunto, padre Vittorio Bellè, parroco di San Francesco in Padova, quando parla del cammino dei ragazzi che, per primi in parrocchia, hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana durante la veglia pasquale.
È proprio questa l’esperienza che il religioso promuove con quel bel voto. Frutto, tra l’altro, di una media in crescendo, dato che l’inizio non è stato dei più facili.
«Il rinnovo della catechesi è stata una scelta epocale della nostra diocesi – commenta padre Bellè – Di fronte a questa nuova impresa, i catechisti abituati al metodo tradizionale non se la sono sentita di proseguire. Ma noi abbiamo accettato la sfida e il Signore ci ha aiutati. Una giovane sposa e un nostro studente si sono resi disponibili a seguire i bambini, una coppia di sposi ad accompagnare i genitori. Alle famiglie ho detto subito: “I vostri figli dovranno fare da cavie”, ma poi i piccoli tutto si sono sentiti tranne che oggetto di un esperimento».
Lungo la strada hanno abbandonato sette dei 24 componenti del gruppo iniziale. Quelli rimasti sono stati costanti nell’impegno, che prevedeva incontri quindicinali. «Inizialmente – spiega la catechista Maria Zaccaria – si temeva che il fatto di non vedersi tutte le settimane potesse compromettere la possibilità di creare gruppo tra i bambini e di rendere saldo il rapporto con il catechista. In realtà l’attesa dell’incontro e la gioia di rivedersi senza “obbligo” settimanale ha reso il cammino sereno e il rapporto umano che si è costruito è stato forte. Inoltre questa cadenza ha permesso di progettare incontri divertenti e interattivi, puntando alla qualità e non alla quantità. È stato positivo, poi, il fatto di aver tenuto gli incontri di domenica, subito dopo la messa comunitaria. I bambini erano più rilassati rispetto al ritmo frenetico dei giorni feriali e i momenti di gioco prima e dopo gli incontri sono state occasioni utili a cementare i rapporti».
In contemporanea, una volta al mese, si tenevano gli incontri per i genitori, e qui è emerso un quadro inevitabilmente più variegato ma comunque a tinte chiare.
«In passato – riprende la parola padre Bellè – poteva capitare di vedere le famiglie solo per discutere dell’organizzazione della celebrazione. Per come è strutturata l’iniziazione cristiana, invece, fin dal principio ho potuto interessare i genitori e invitarli ad approfondire temi di fede. Ne è derivata una maggiore responsabilizzazione verso l’educazione cristiana dei figli. Certo, non è stato facile mettere insieme cammini di fede molto diversi tra loro e qualcuno non ha mai partecipato agli incontri. Alcuni genitori sono stati critici rispetto alle metodologie interattive proposte e avrebbero preferito lezioni “teologiche” che non li costringessero a esporsi. Un buon nucleo, invece, ha vissuto il percorso come un’occasione per riscoprire la gioia della fede. Una mamma ha riunito i ragazzi in un coro che adesso anima la messa domenicale delle 10 e un paio di coppie si sono rese a loro volta disponibili ad accompagnare nell’iniziazione bambini e genitori».
La domenica delle Palme, alla prova generale della veglia pasquale, le famiglie erano presenti al completo. E non è stato un inutile proforma. «Con l’eccezione di due che fanno i chierichetti, nessuno dei ragazzi ha mai partecipato alla veglia pasquale, come del resto la maggior parte dei loro genitori. Abbiamo spiegato come si svolge il rito ma non sono emerse domande o emozioni particolari. Naturalmente i ragazzi sono entusiasti, solari e contenti, molto più di quanto non vedessi in passato, e sono convinto che questo cammino rimarrà loro impresso. Hanno ancora un’età in cui la semina può dare buoni frutti e non fanno la cresima solo per accontentare i genitori o stare con gli amici».
Ai ragazzi è anche stato sempre detto che la veglia non segna una conclusione, ma una ripartenza con nuovo slancio: «La catechista continuerà a incontrarli in veste di animatrice e, in proposito, ci piacerebbe avere dalla diocesi indicazioni e strumenti sulla proposta da fare, non solo ai ragazzi ma anche alle famiglie. Stiamo pensando anche ad attività di carità e andrà avanti il coro domenicale». Quest’ultimo è stato, forse, il segno più visibile giunto ai fedeli di San Francesco della “rivoluzione” in atto nella catechesi.
«Negli anni ho spiegato più volte il cambiamento in atto. Vedo, però, che costruire una comunità così come la intendeva il concilio Vaticano II, e richiamata, con l’iniziazione cristiana, alla responsabilità di educare i giovani alla fede, è un passaggio, un cambiamento di mentalità, non ancora realizzato interamente. Ciononostante ci sono laici, anche estranei al consiglio pastorale, motivati a questo compito. Tutti i parrocchiani, comunque, sanno cosa accade alla veglia pasquale e la attendono con curiosità e vicinanza spirituale ai ragazzi».