Messaggio del Patriarca Minassian ai giovani: “Dopo gli orrori siete voi la nuova generazione che resisterà”

Si commemora oggi, 24 aprile, il Genocidio degli armeni, una delle più oscure pagine della storia del ‘900, tra le meno conosciute e dimenticate. Tra il 1915 e il 1916, gli armeni subirono uno sterminio di 1,5 milioni di persone. Deportati nei deserti della Siria, massacrati, affamati, assetati, madri, figli e neonati.  Non ci fu pietà. Sua Beatitudine Raphael Bedros XXI Minassian, Patriarca di Cilicia dei cattolici armeni, ha deciso quest’anno di rivolgersi ai giovani

Messaggio del Patriarca Minassian ai giovani: “Dopo gli orrori siete voi la nuova generazione che resisterà”

“È vero che hanno cercato di sterminare, è vero che un milione e mezzo di persone sono state martirizzate per la loro fede cristiana, ed è vero che sono stati deportati nei deserti della Siria dove hanno trovato la loro morte in un’imboscata, affamati, assetati, madri, figli e neonati. E’ vero che hanno subito tutto questo male. Ma sono come l’albero degli ulivi che quando s’invecchia, lascia nascere dalle radici il nuovo albero che dà frutta, una frutta fresca e più gustosa”. In questo giorno, 24 aprile, in cui gli armeni – in patria e in diaspora  – fanno memoria dei martiri del Genocidio armeno, Sua Beatitudine Raphael Bedros XXI Minassian, Patriarca di Cilicia dei cattolici armeni, si rivolge ai giovani. “Così dopo gli orrori e la desolazione del Genocidio del 1915, siete voi la nuova generazione figli e nipoti dei martiri”, scrive nel messaggio. “Siete la rinascita e crescita. Le esperienze passate vi rendono più forti e saggi. Siete voi che affronterete le sfide future con maggior consapevolezza e determinazione”.

Tra le innumerevoli tragedie che hanno segnato la prima guerra mondiale, una delle più grandi e meno conosciute è quella dello sterminio della popolazione armena. Fu una strage di dimensioni enormi, per decenni coperta dall’oblio. Le deportazioni e le eliminazioni furono perpetrate tra il 1915 e il 1916 e causarono circa 1,5 milioni di morti. Nel suo viaggio in Armenia, nel giugno del 2016, Papa Francesco – il primo papa a parlare esplicitamente di “genocidio armeno” – fece visita al memoriale del “medz yeghern”, il “grande male” come viene chiamato in Armenia), situato in cima al colle di Tzitzernakaberd, la “Fortezza delle Rondini”, che sovrasta Yerevan. Qui il Papa dopo aver deposto dei fiori al centro del mausoleo circolare dove arde la “fiamma eterna”, si è fermato a pregare per le vittime del massacro.

Ma lo sguardo oggi della Chiesa cattolica armena punta al futuro e ai giovani. “Come gli ulivi che continuano a produrre frutti – scrive Minassian – anche voi continuerete a dare il meglio di voi stessi con un nuovo spirito di Fede cristiana. Metterete radici solide e crescerete con fiducia e resilienza. Siete Voi il nuovo albero, la nuova generazione che resisterà a tutte le persecuzioni e problemi della vita”. “Le nuove generazioni hanno il potere oggi di rompere il ciclo di violenza e ingiustizia, di diffondere l’amore e la compassione di Cristo in un mondo spesso caotico e spietato. Possono essere la luce della fede cristiana che brilla nelle tenebre, la speranza che sostiene che sostiene coloro che sono oppressi e privati dei loro diritti”. Nel messaggio, il Patriarca addita ai giovani due esempi di vita, il Beato Maloyan che ha testimoniato “Gesù con l’effusione del suo sangue e vita” e il card. Gregorio Agagianian, servo di Dio, salvato dal Genocidio. “Siate fieri di questi modelli e copiate il loro esempio”. “Sono certo che di fronte alle avversità, al male inspiegabile e a una storia  dolorosa e sanguinosa, occorre dilatare il nostro cuore nella speranza in Dio. La Speranza in Dio è la nostra Bandiera nazionale. Non piangete per il passato ma ricordatelo sempre per non ricadervi mai più. Non piangete per i nostri sacrifici perché sono stati offerti per amore a Dio, al contrario, siate orgogliosi di appartenere a  un’identità cristiana armena, che nessuna violenza può sottrarre. Fieri ed orgogliosi perché nonostante lo sterminio, oggi siamo ancora qui e abbiamo una Patria Madre, Hayastan”.

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Fonte: Sir