La disinformazione? La pagano gli stati
Internet è sempre più un’arma politica nelle mani dei regimi. Per il rapporto di Freedom House il 2017 è il «settimo anno consecutivo di declino complessivo della libertà di internet». E c'è chi, come nelle Filippine, paga dei "soldati da tastiera" armati di fake news.
Nelle Filippine la paga giornaliera è di 10 dollari, tanto costa arruolare un soldato da tastiera.
Il loro suo compito, affidato dal governo, è “combattere” la libertà di opinione. Il dato drammatico è che questi veri e propri eserciti armati di connessione e fake news, in guerra notte e giorno contro il dissenso, stanno crescendo in tutto il mondo secondo quel che emerge dal nuovo studio di Freedom House: nell'ultimo anno i governi di almeno 30 paesi hanno usato i social media per manipolare le informazioni dei cittadini e smorzare le proteste.
Lo hanno fatto grazie a migliaia di persone pagate, commentatori, account automatizzati come i bot, creazione di fake news o siti online di propaganda.
Le cifre della "manipolazione" sono contenute nel rapporto Freedom on the net 2017 del think tank Freedom House che grazie al contributo di 70 ricercatori ha analizzato la libertà di internet in 65 paesi, quelli che coprono l'87 per cento degli utenti di tutto il mondo.
Quel che emerge è più che preoccupante: non solo Cina, Russia o Stati Uniti; negli ultimi dodici mesi i governi con l'abitudine di interferire sulle nostre opinioni sono cresciuti ovunque. Turchia, Messico, Venezuela, Sudan, Filippine sono fra gli ultimi che secondo lo studio stanno ora «aumentando marcatamente gli sforzi per manipolare l'informazione sui social media, minando la democrazia».
I paesi dove si applica la “disinformazione” sono aumentati da 23 a 30 in un anno e negli ultimi mesi la manipolazione ha avuto un ruolo cruciale nelle elezioni di almeno 18 stati, tra cui gli Usa.
Anche l'Italia, insieme a Francia, Germania e Regno Unito viene segnalata dal report per la presenza di “fake news” nell'Europa occidentale. «I governi stanno utilizzando i social media per sopprimere il dissenso e far progredire un'agenda antidemocratica», ha denunciato la direttrice del progetto Freedom on the net.
C'è poi l'uso della limitazione che alcuni governi hanno fatto delle dirette video su Facebook, Snapchat o altre piattaforme, durante cortei o manifestazioni antigovernative. In Bielorussia ad esempio sono state interrotte le connessioni cellulari per evitare dirette durante le proteste. Lo stesso vale per Bahrein, Azerbaigian, Ucraina, Russia e diversi altri paesi. In altri stati nel mirino dei manipolatori c'erano giornalisti o attivisti politici: in Myanmar un giornalista è stato ucciso dopo aver postato le sue critiche su Facebook e in Giordania un disegnatore è stato trovato morto dopo aver diffuso un fumetto online satirico su alcune pratiche dell'Islam.
In conclusione, per Freedom House il 2017 è il «settimo anno consecutivo di declino complessivo della libertà di internet» e spesso è difficile tracciare queste manipolazioni dato che sono «più dure da combattere rispetto ad altri tipi di censura, come il blocco dei siti web. La soluzione alla manipolazione e alla disinformazione non sta nel censurare ma nell'insegnare ai cittadini come individuare false notizie e falsi commenti».