Salmo 128. Le parole di questo componimento sono davvero dedicate al matrimonio

Sei brevi, concretissimi versetti che offrono un’immagine tangibile di una famiglia dell’epoca, ma descrivono la stessa la bellezza che ancora oggi può respirare chi abbia ricevuto in dono la vocazione alla vita matrimoniale.

Salmo 128. Le parole di questo componimento sono davvero dedicate al matrimonio

Se c’è un salmo che per primo viene associato alla vita della famiglia è il Salmo 128. Spero di aver attestato che tutto il Salterio può essere pregato come marito e padre, ma è vero che le parole di questo componimento sono davvero dedicate al matrimonio. “Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! Pace su Israele!” (vv 1-6). Sei brevi, concretissimi versetti che offrono un’immagine tangibile di una famiglia dell’epoca, ma descrivono la stessa la bellezza che ancora oggi può respirare chi abbia ricevuto in dono la vocazione alla vita matrimoniale. Certo, consideriamo il debito alla cultura del tempo, ovvero un punto di vista maschile per cui il tesoro sono la moglie e i figli, ma davvero possiamo pregare queste parole mettendoci specularmente dalla parte della donna che ringrazia il Signore per il suo sposo. Nel corso dei secoli i Padri della Chiesa hanno letto il Salmo in chiave allegorica riferendolo a Cristo e alla Chiesa come sua sposa. Attraverso questa lettura si può approfondire il “mistero grande” di cui Paolo parla nella lettera agli Efesini, ma per noi è preferibile mantenere la “terrestrità” di questa preghiera poetica e coglierne tutta la dimensione più quotidiana. Ecco l’istantanea scattata ad una famiglia come la nostra, attorno alla tavola. C’è qualcosa di più semplice e al contempo di più bello? Nelle nostre giornate è probabile che questo avvenga solo la sera, a cena e che magari si arrivi a sedersi tutti, non appena l’ultimo abbia raggiunto casa, più o meno trafelato. Un figlio rientra dall’attività che finisce per ultima, oppure è il papà che, in coscienza, sa che potrebbe spegnere il pc in ufficio anche qualche minuto prima perché chi l’ha detto che arrivato a casa debba solo mettersi al collo il tovagliolo senza aver fatto altro che salutare chi si è ritagliato il tempo per cucinare per tutti? Oggi la reciprocità si può vivere nell’essere intercambiabili anche in questo. Fatto sta che dopo l’ennesimo richiamo che “è pronto!” (da parte di chi ai fornelli spera che il suo impegno sia valorizzato dai commensali – e quando aumenta l’età della ragione ciò può essere opera anche di uno dei figli) ci si siede finalmente gli uni di fronte agli altri. Già questo è motivo per innalzare una benedizione al Signore: “Grazie, o Padre, che siamo qui, nel cuore della vita, che siamo in salute e che abbiamo trascorso una giornata con l’occasione di amare chi abbiamo incontrato”. No, non voglio essere ancora più idilliaco di quanto si può imputare al salmista. Già mentre ci si passa la prima portata – chi lo può negare? – possono iniziare gli sfoghi, le preoccupazioni, i lamenti, espressi in modo più o meno vivace. Quante volte, mangiare insieme non è l’agape fraterna che auspicheremmo? Un coacervo di desideri d’essere ascoltati, la pretesa di una comprensione pura e totale che non arriva… la frustrazione amara che Nemo propheta in patria e che i tuoi famigliari ti capiscano molto meno di quanto vorresti. Avviene fra genitori e figli, ma quante volte capita anche fra marito e moglie e che quest’ultima sia “vite feconda”, non è detto che sia proprio la prima espressione che al consorte nasce nel cuore! Siamo onesti, chi è sposato il tempo sufficiente per non essere più solo innamorato del suo coniuge (quel tempo che dà qualche garanzia in più che la strada sarà lunga e feconda, sempre se affidata alla misericordia di Dio!) sa che le cosiddette rose e fiori sono molto spesso appannaggio di qualche sporadica occasione in cui riusciamo a vedere quello che abbiamo costruito con gli occhi benevolenti di Dio stesso. Molto più spesso “la fatica delle mani” e della propria volontà che ha procurato quel cibo che si porta sulla tavola non ha la fragranza buona del pane quotidiano. Tante volte, tanti giorni, o mesi o anni la salita appare più impegnativa di quelle che sono le nostre forze e ci pare che non sia vero che ad ognuno, anche ad ogni famiglia, venga data una croce delle dimensioni che è in grado di portare. Eppure, nell’intimità che non è fatta solo di parole, ma anche di sguardi e talvolta sorrisi, di respiri di tenerezza e di abbracci silenziosi, in questi spazi e tempi tanto intimi quanto preziosi, possiamo essere certi che è beato, è già felice, qui e oggi, chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.

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Fonte: Sir