Raccogliere un sogno. La casa comune europea nel pensiero e nell’impegno di Antonio Megalizzi
l’Università di Trento ha conferito al giovane giornalista la laurea honoris causa alla memoria in “European and international studies”.
“Antonio è stato un profeta, due anni fa lui sognava e parlava di Europa mentre andavano in onda interpretazioni che davano l’Europa al capolinea Oggi la pandemia ci dice che senza Europa saremmo per terra del tutto, senza Europa, con tutti i suoi limiti, dove potremmo andare? La realtà ci porta a capire che l’Europa, ma più in generale l’umanità pensata come fraternità è l’unica via che abbiamo per salvarci. Grazie Antonio perché, quando nessuno ti avrebbe creduto, coltivavi il tuo sogno di Europa”.
È un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi alla messa in memoria di Antonio Megalizzi nel secondo anniversario della morte avvenuta il 14 dicembre 2018, tre giorni dopo che un terrorista jihadista aveva sparato tra la gente che era al mercatino di Natale di Strasburgo colpendo anche lui.
Parole tornate alla mente il 16 luglio quando, alla presenza dei familiari, della fidanzata, degli amici e del presidente della Repubblica, l’Università di Trento ha conferito al giovane giornalista la laurea honoris causa alla memoria in “European and international studies”.
In quella occasione la figura e la, purtroppo breve, vicenda umana e professionale di Antonio Megalizzi, con il suo entusiasmo ragionato per la casa comune europea, sono state ripercorse e rilanciate da tutti i media.
Un primo messaggio che viene da questo giovane di 29 anni è sull’importanza di studiare, di conoscere e di formarsi per “essere” un giornalista. Un “essere” che precede e sostiene il “fare”. Unire la passione del raccontare e del commentare i fatti alla responsabilità di approfondire, ricercare, verificare è stato un percorso maturato nella coscienza di Antonio Megalizzi: il giornalismo vissuto come servizio alla verità e al bene comune.
Un secondo messaggio viene dalla fidanzata, Luana Moresco, che intervistata dice, riferendosi ai familiari e agli amici, “Non c’è odio in noi. Non vedo perché non perdonare. Per odiare c’è bisogno di troppe energie e noi … quelle energie preferiamo metterle per realizzare i suoi sogni e i suoi progetti”. Da qui la volontà di raccogliere un’eredità e farla fruttificare attraverso una Fondazione che sta realizzando anche nella scuola diversi progetti di formazione ai temi europei e internazionali.
Sono le parole dell’arcivescovo di Trento a intrecciare i due messaggi: “L’autorità di ognuno di noi dipende da come uno vive, e pensando ad Antonio mi risulta estremamente facile e bello poter dire che in brevissimi anni il suo modo di vivere gli ha permesso di avere una grande autorevolezza, i cui frutti si sono visti anche in questi due anni…”.
Si vedranno ancora questi frutti, diranno che quel sogno è vivo, aiuta e sollecita la coscienza a ribellarsi alle false notizie, alle ideologie, al furto della memoria storica.