Processo Ilva: mons. Santoro (Taranto) al Sir, “le cose sarebbero potute andare diversamente se la politica si fosse assunta le responsabilità”
“I tarantini sapevano già da tempo. C’erano evidenze scientifiche del disastro ambientale che ieri la magistratura ha certificato e a prescindere dai successivi gradi di giudizio e dalle singole responsabilità, i magistrati hanno sancito un fatto incontrovertibile: le cose sarebbero potute andare diversamente se solo la politica si fosse comportata in altro modo, assumendosi delle responsabilità”.
È il commento al Sir dell’arcivescovo della diocesi di Taranto, mons. Filippo Santoro, all’indomani della sentenza di primo grado del processo Ambiente Svenduto, sul disastro ambientale e sanitario causato dall’ex Ilva ai tempi della proprietà Riva, ai danni della città e dei tarantini. Ieri la Corte d’Assise presieduta da Stefania D’Errico, dopo più di 300 udienze e cinque anni di processo, ha sentenziato nel maxi processo che coinvolgeva 47 imputati, di cui tre società e 44 persone fisiche. Circa 300 gli anni di carcere per tutti. Inoltre la Corte ha stabilito il pagamento delle provvisionali per 902 parti civili confiscando 2 miliardi e 100 milioni di euro considerati provento illecito e lo stesso stabilimento, che resterà in funzione fino al pronunciamento della Cassazione, ultimo grado di giudizio. La lunga vicenda giudiziaria è coincisa con l’arrivo tra i due mari dell’arcivescovo Santoro, che da subito ha dovuto confrontarsi con una comunità scoraggiata e divisa. “Qui si respirava un’aria di incertezza, uno smarrimento costante, una rabbia, come se ci fosse sfiducia nelle istituzioni. La sentenza di ieri è un segnale, ma adesso è tempo di dare risposte effettive, rivedendo il processo di produzione dell’acciaio. Dopo 9 anni che sono qui non è più sostenibile il continuo rimbalzo di responsabilità. Nel novembre 2013 come diocesi organizzammo un convegno sul tema, intitolato ‘Ambiente, salute, lavoro. Un cammino possibile per il bene comune’. Si parlò di innovazione tecnologica e di esempi come quello di Duisburg ma sono rimaste parole. Non ci ha ascoltato nessuno. Ora però guardiamo con fiducia al futuro. Possiamo utilizzare i fondi del Pnrr per dare una nuova opportunità a Taranto”, conclude Santoro.
Marina Luzzi