Maltempo, troppe polemiche e pochi interventi. Le ultime avversità che hanno colpito Emilia-Romagna e Marche ripropongono il tema della prevenzione

Dal 1944 al 2023, i danni causati da dissesto idrogeologico e terremoti in Italia hanno raggiunto i 360 miliardi di euro

Maltempo, troppe polemiche e pochi interventi. Le ultime avversità che hanno colpito Emilia-Romagna e Marche ripropongono il tema della prevenzione

Passata (per ora) l’ultima ondata di maltempo che ha colpito questa volta Emilia Romagna e Marche, rimangono sul terreno di fatto tre cose: i danni ingenti, le polemiche e, ultimi, gli stanziamenti per far fronte all’emergenza. Copione già visto ormai troppe volte, che indica quasi l’arrendevolezza delle istruzioni di fronte a quanto periodicamente accade e, tuttavia, la mole di lavoro che è necessario affrontare con maggiore decisione.

E’ bene iniziare dall’ultimo punto: gli stanziamenti per l’emergenza. Il governo ha deliberato da un lato la dichiarazione dello stato di emergenza nei territori delle province di Reggio-Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e, dall’altro, lo stanziamento di 20 milioni di euro per i territori dell’Emilia-Romagna e di 4 per quelli delle Marche. Soldi per rattoppare il territorio e soprattutto per venire in soccorso di chi ha perso tutto o quasi. Soldi che arrivano dopo tutti quelli già stanziati in passato per rispondere a situazioni simili generate, spesso, da una mancanza di prevenzione che è diventata da tempo regola e non eccezione (nonostante tutto ciò che comunque è stato fatto).

Vale, a questo proposito, ricordare che dal 1944 al 2023, i danni causati da dissesto idrogeologico e terremoti in Italia hanno raggiunto i 360 miliardi di euro, secondo la Società italiana di medicina ambientale (Sima) che ha precisato come il cambiamento climatico e la cattiva gestione del territorio abbiano aumentato la frequenza di frane e alluvioni, con il 91% dei comuni italiani a rischio. La spesa nazionale per la gestione del dissesto idrogeologico, viene ancora precisato, è triplicata dal 2010 al 2023.

Ma quindi che fare? Dal punto di vista tecnico le soluzioni ci sono, come le infrastrutture verdi e i sistemi di drenaggio sostenibile, ma serve anche una puntuale gestione dell’esistente oltre che un forte investimento in nuove infrastrutture idriche. Ancora Sima, ad esempio, segnala che un euro speso o in prevenzione porterebbe a risparmi pari a 6 euro. Dal canto suo Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela territorio ed acque irrigue (Anbi), non ha timore di precisare: “E’ una verità scomoda, ma che va detta per rispetto verso chi sta soffrendo le conseguenze di nuove alluvioni: è dagli anni ’80 che in Italia manca la pianificazione nazionale di interventi per la prevenzione idrogeologica, privilegiando di intervenire con fondi per le emergenze. E’ quanto sta accadendo anche in Romagna, dove stiamo operando in sintonia con la struttura di missione governativa. Si sta lavorando, ma nessuno, però, ha la bacchetta magica soprattutto di fronte al ripetersi di violenti eventi meteo a distanza di soli pochi mesi”.

Ad avvalorare la sensazione che tutto quanto sta accadendo abbia accelerato di intensità, stanno le statistiche. L’osservatorio Anbi sulle risorse idriche ha reso noto che dall’inizio dell’anno al 15 settembre 2024, sull’Italia si sono già registrati 1899 eventi estremi: 212 tornado (52 nella prima metà di settembre, il 71% sulle coste tirreniche), 1023 nubifragi (157 nella prima metà di settembre, il 91% sulle regioni del centro-nord), 664 grandinate con chicchi di grandi dimensioni (37 nella prima metà).

In attesa di quanto chiede l’Anbi (e non solo), in questi giorni sono poi piovute oltre all’acqua anche le polemiche su quanto si doveva fare e invece non è stato fatto; sui soldi stanziati e non spesi, su quelli che mancano, sulle opere in attesa e su quelle che occorrerebbe progettare. Più delle polemiche, però, valgono ancora una volta i numeri che arrivano dalla realtà. Secondo i coltivatori diretti, ad esempio, nella sola Emilia-Romagna sarebbe “in ginocchio” il comparto ortofrutticolo “tanto più che l’80% delle aziende nel Ravennate danneggiate sono le stesse devastate dall’alluvione del 2023”. Qui l’acqua ha inondato i terreni coltivati a ortaggi e gli alberi di mele, pere, kiwi, susine con impianti danneggiati nella zona del Faentino, nel Bagnacavallese e a Cotignola. Più in generale, dice Coldiretti, “il maltempo è tornato a colpire una regione che è la prima in Italia per percentuale di popolazione residente esposta al rischio alluvione, ben il 62,5%, quasi sei volte il dato nazionale e oltre il doppio della toscana, che si trova al secondo posto con il 25,5% (Coldiretti su dati Ispra).

Di fronte a tutto questo, e sono solo esempi, appaiono quasi disperate le parole di Vincenzi: “C’è bisogno di una grande azione di prevenzione civile: dalla manutenzione e realizzazione di infrastrutture idrauliche ad una maggiore e diffusa cultura dell’acqua”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir