La liturgia non è il campo del “fai-da-te”. Ad un anno dalla Desiderio desideravi

Desiderio desideravi. È stata pubblicata un anno fa la lettera apostolica di papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Numerose le sollecitazioni, in questo senso, dal Sinodo

La liturgia non è il campo del “fai-da-te”. Ad un anno dalla Desiderio desideravi

È passato un anno dalla pubblicazione della lettera apostolica Desiderio desideravi di papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio (29 giugno 2022). Egli, in precedenza, aveva affermato: «Parlare di formazione liturgica del Popolo di Dio significa prendere coscienza del ruolo insostituibile che la liturgia riveste nella Chiesa e per la Chiesa». Al Sinodo diocesano sono arrivate dalle parrocchie molte richieste su questo tema: i cristiani vogliono celebrare con consapevolezza e per questo dobbiamo avviare un’opera di “alfabetizzazione dell’incanto”. Il rischio è che si pensi di rinnovare l’azione liturgica proponendo delle soluzioni che paiono affascinanti, ma che in realtà negano l’essenza stessa dell’atto liturgico. Esso procede per segni e simboli che sono già dati, non vanno inventati. La liturgia non è il campo del “fai-da-te”, ma l’epifania della comunione ecclesiale. Mi ha sempre colpito la fermezza di un paragrafo della Sacrosanctum Concilium che afferma: «Regolare la Sacra Liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede apostolica... Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica» (SC 22). La Chiesa ha sentito il bisogno di blindare la liturgia per proteggerla dagli abusi, perché: «L’azione celebrativa non appartiene al singolo, ma a Cristo-Chiesa, alla totalità dei fedeli uniti in Cristo» (DD 19). Ogni fedele ha il diritto di riconoscersi nella celebrazione «perché la Chiesa possa elevare, nella varietà delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unità» (DD 61).

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