Diario di un parroco di campagna. Il libro-giornale di un chierico del 1700 disponibile grazie alla digitalizzazione

Per preservare dai segni del tempo scrigni di storia e di sapere, tanto preziosi quanto fragili, l’arcidiocesi di Monaco e Frisinga sta centralizzando gli archivi parrocchiali

Diario di un parroco di campagna. Il libro-giornale di un chierico del 1700 disponibile grazie alla digitalizzazione

L’inverno in Baviera è particolarmente rigido. Ma questo non aveva fermato gli abitanti di Führholzen a uscire dalle loro case e a scendere in strada per assistere all’esecuzione di un giovane soldato accusato di furto a Frisinga e per questo condannato a morte per impiccagione. È il 20 dicembre 1748. Manca poco a Natale. Quel giorno però qualcosa va storto e accade ciò che nessuno mai si sarebbe immaginato: la corda non regge il peso dell’uomo e si spezza, salvandogli di fatto la vita. Prima che si procedesse ad un nuovo tentativo di esecuzione, un gruppo di studenti rapiscono il giovane e lo portano nell’abbazia di Weihenstephan, dove trova ospitalità. Le autorità locali impongono ai monaci di restituire il condannato, ma questo, misteriosamente, sembra svanito nel nulla. Il suo confessore lo aveva aiutato a scappare e a ritrovare, così, la libertà nella speranza che Dio gli desse la possibilità di condurre una vita migliore.

Noi oggi conosciamo la storia di questo giovane soldato grazie al parroco di Führholzen, Johann Jakob Pämer, che ha documentato i quarant’anni trascorsi nella parrocchia di S. Stefano in un “Salbuch”, ossia in un urbario, di 800 pagine interamente scritte a mano.

Tipico delle regioni germanofone, l’urbario è il libro in cui vengono annotati i terreni coltivati e i redditi fondiari. Quello scritto da Pämer è però un’opera che va ben oltre i tradizionali elenchi di beni legati a questioni giuridiche ed economiche. È un vero e proprio spaccato di quella che era la vita a Führholzen nel XVIII secolo.

Sappiamo che i documenti ecclesiastici conservati negli archivi parrocchiali sono stati, nel corso dei secoli, importanti e preziosi libri di storia. Forniscono informazioni importanti sulle condizioni di vita e sui destini personali dei nostri antenati. E questo perché, in passato, i parroci erano tra le poche persone in grado di leggere e scrivere correttamente.

Per preservare dai segni del tempo questi scrigni di storia e di sapere, tanto preziosi quanto fragili, l’arcidiocesi di Monaco e Frisinga sta centralizzando gli archivi parrocchiali con l’obiettivo di conservarli in maniera professionale e in condizioni ambientali ideali.

Nell’archivio diocesano – realizzato a Neufahrn, nei locali dismessi di un noto panificio locale – sono oggi raccolti 250 archivi parrocchiali. Tra le tante piccole perle di storia e di fede locale c’è anche il corposo “Salbuch” del parroco Pämer che, ironia della sorte, è stato scritto tre secoli fa in un luogo poco distante da dove oggi è conservato. Führholzen, infatti, è una frazione di Neufahrn, comune di 21mila abitanti nel distretto dell’Alta Baviera di Frisinga. Il centro abitato sorge a sinistra del fiume Isar, al confine tra la pianura ghiaiosa di monaco di Baviera e la zona collinare del Danubio, a circa 10 chilometri a sud di Frisinga e a poco meno di 20 chilometri a nord-est di Monaco.

Johann Jakob Pämer nasce a Frisinga nel 1688, primogenito di 28 figli. Nelle sue opere parla raramente dei suoi fratelli. Dedica, invece, cronache e attenzione alle sue tre sorelle che lavorano in canonica. Due dei suoi fratelli erano monaci, uno aveva intrapreso il percorso artistico divenendo pittore di soggetti sacri. Altri fratelli pare siano morti in giovane età. Il padre pare che lavorasse a Frisinga come cancelliere – archivista, e che per questo avesse buoni contatti con l’allora principe vescovo Johann Franz Eckher von Kapfing und Liechteneck (1649-1727), con il quale sembra abbia negoziato la parrocchia di Führholzen per il figlio. E così nel 1719 Johann Jakob Pämer diventa parroco di quella che per quarant’anni sarebbe stata la sua “famiglia”. È lui a far costruire, nel 1723, l’attuale chiesa di S. Stefano, perché la vecchia chiesa, situata più a est, in collina, era caduta in rovina. I lavori di costruzione iniziano il 1° marzo e si concludono nove mesi più tardi, il 10 dicembre.

Tutto questo (e molto altro ancora) oggi lo sappiamo grazie al “Salbuch” del parroco Pämer, che annotò scrupolosamente ogni cosa in quello che più che un urbario è una vera e propria cronaca in forma di diario.

Le 800 pagine del Salbuch di Pämer sono state studiate e trascritte nella sua tesi di laurea dalla storica Lisa Kellerer ed oggi l’urbario è accessibile a tutti in formato digitale  sul sito dell’archivio storico dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Non solo. Del Salbuch del parroco Pämer si sono interessate diverse testate bavaresi, il portale tedesco di informazione religiosa katholisch.de e la Bayerische Rundfunk (BR).

Oltre a storie e aneddoti, il Salbuch contiene anche brevi voci sull’amministrazione della chiesa, sulle entrate e le uscite o sugli inventari dei beni. Ma c’è spazio anche per la liturgia locale, le catastrofi naturali o le esperienze di guerra. Sono inclusi persino i menù della servitù in canonica o le malefatte dei domestici.

Ad affiancare Lisa Kellerer nello studio dell’opera di Pämer è stato il professor Kramer di Monaco che sottolinea l’unicità di questo scritto, che – come ha dichiarato a katholisch.de – pare un manuale per i parroci suoi successori, dal momento che Pämer scrive di tutti i campi in cui è attivo: dall’agricoltura alla liturgia, dalla cura pastorale alla mediazione dei conflitti, che nel libro sono un argomento molto più frequente della convivenza pacifica. E a proposito di conflitti, Pämer descrive un conflitto durato molto a lungo con quello che era il suo acerrimo nemico, il guardiano del mercato di corte di Ottenburg.

Leggendo il testo non si scopre solo uno spaccato della vita di allora, ma si viene a sapere anche qualcosa di più sul carattere di chi quel Salbuch lo ha scritto. Le circa 500 volte in cui compare la parola “io” e le centinaia di volte che ci si imbatte nell’aggettivo “mio”, tratteggiano il profilo di una persona sì molto impegnata, ma che non disdegnava stare in prima fila.

Alla sezione teologica e liturgica Pämer dedica un quarto del suo Salbuch: descrive la sequenza di base delle Messe per quasi tutte le solennità cattoliche, comprese le preghiere che, nelle zone rurali, tenevano conto anche del tempo del raccolto. Pämer non era esperto solo di questioni teologiche e liturgiche. In un capitolo di una decina di pagine alla fine del libro, scrive persino delle malattie animali più comuni nella regione e di come combatterle. Lisa Kellerer ricorda che all’epoca non esisteva ancora la medicina veterinaria in senso moderno, così come la conosciamo noi oggi. Nei paesi di lingua tedesca era più probabile che fossero gli artigiani, come i fabbri, a occuparsi dei cavalli (fondamentali all’epoca nei campi e come mezzi di trasporto), perché per il loro lavoro avevano spesso a che fare con loro. E a proposito di cavalli, Pämer annota anche le tempeste che negli anni si abbattono sulla regione e tra queste spicca quella del 1721, durante la quale annegarono quasi tutti i cavalli.

Tra le varie curiosità che si incontrano sfogliando il Salbuch, ce n’è una che riguarda la birra: tra il XVII e la seconda metà del XVIII secolo la birra veniva servita in canonica, perché nel piccolo paese di Führholzen non esisteva una locanda.

Johann Jakob Pämer morì nel 1771, a 83 anni – per l’epoca sicuramente un’età biblica – nel monastero di Anger dove era tesoriere e assistente del cappellano.

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Fonte: Sir