Azione Cattolica Campodarsego. Giovani "dentro" la preghiera grazie a Zoom
Come vivere le nostre comunità cristiane ai tempi del Covid-19? Cosa tenere e cosa è meglio tralasciare?
Come prete alle prime armi mi sento un po' spaesato; colgo che il Signore mi chiede di tornare a guardare a Lui, non per convincerlo ad allontanare la pandemia, ma per cercare di riconoscere la Sua quotidiana chiamata d’amore, rivolta a ogni uomo e a ogni donna. A questi interrogativi se ne unisce un’altro: come staranno vivendo i giovani la loro fede in queste settimane?
Durante il Triduo pasquale ho proposto ai giovani di Campodarsego di ritrovarsi sulla piattaforma Zoom per pregare assieme e sentirci in comunione nel cammino verso la Pasqua. Ho chiesto ad Anita (una delle giovani partecipanti) di condividere quello che abbiamo vissuto.
«Ho sempre vissuto il mio rapporto con Dio in modo molto intimo, pensando che la comunità non servisse più di tanto. A un certo punto però ho piano piano riscoperto la gioia del credere insieme. È una cosa che spesso si dà per scontata avere un gruppo di persone con cui trovarsi e pregare, o semplicemente riflettere, confrontarsi sul rapporto con il Signore o su come vivere avendo una direzione. Da quando è iniziata la quarantena però con il passare del tempo mi sentivo sempre più fragile e dispersa, pregavo da sola ma sentivo che non era lo stesso». Finché non è arrivato il Triduo. «Fare gli incontri su Zoom è stato piacevolmente diverso: non c’era il senso dello stare insieme, ma forse è stato ancora più interessante, anche perché quasi inaspettato. La cosa che mi ha toccato maggiormente è stata l’essere dentro la preghiera, non una spettatrice per lo più passiva come mi capitava guardando le messe in televisione: essere virtualmente insieme per il piacere di pregare insieme e per avere una guida. L’esperienza cristiana è fatta di comunione e, anche se molto probabilmente la dimensione corporea delle relazioni è insuperabile, penso che questi mezzi siano importanti per l’incontrarsi con gli altri e il sentirsi parte di un oltre».
don Giovanni Casalin