Valori fondanti. Capire oltre la crisi le dinamiche profonde in atto
Bisogna fare attenzione a non confondere la cronaca quotidiana delle tifoserie di partito con la consapevolezza delle dinamiche profonde che sono in atto da tempo.
Tempi duri per le democrazie. Sottoposte a un formidabile e inedito stress dall’insorgere della pandemia, esse tuttavia sembravano aver superato positivamente la prova, grazie a un recupero collettivo del senso unitario delle istituzioni e dei valori della responsabilità e della competenza.
Purtroppo si trattava, almeno in parte, di un’illusione ottica e l’aggressione russa all’Ucraina, con tutte le sue premesse, implicazioni e conseguenze ha riaperto brutalmente il discorso aggiungendo al quadro un fattore particolarmente insidioso: un’aperta sfida politica (e non solo) dei regimi autoritari e illiberali ai sistemi democratici, sfruttando propagandisticamente (e incentivando) l’instabilità di questi ultimi. Tale instabilità – ne sa qualcosa il nostro Paese, purtroppo in buona compagnia nell’area euro-americana – può e anzi deve essere analizzata individuando i nodi specifici, sul piano sociale e istituzionale, e il ruolo dei diversi soggetti in campo. Ma bisogna fare attenzione a non confondere la cronaca quotidiana delle tifoserie di partito con la consapevolezza delle dinamiche profonde che sono in atto da tempo.
Innanzitutto c’è da ricordare che la democrazia moderna contiene al suo interno un paradosso, quello espresso dal cosiddetto “dilemma di Böckenförde”, dal nome del celebre giurista e filosofo tedesco che lo ha enucleato: “Lo lo stato liberale secolarizzato si fonda su presupposti che esso stesso non è in grado di garantire. Questo è il grande rischio che si è assunto per amore della libertà”. Infatti, “esso può esistere come stato liberale solo se la libertà che garantisce ai suoi cittadini è disciplinata dall’interno”, mentre se cercasse di imporla dall’alto finirebbe per contraddire la sua stessa natura. Come ebbe a dire lo stesso Papa Francesco, nel memorabile discorso di Atene (4 dicembre 2021), la democrazia è “complessa”, richiede “fatica e pazienza”, esige “la partecipazione e il coinvolgimento di tutti”, mentre “l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti”. E’ proprio qui che si insinua il fascino perverso dei regimi illiberali, la tentazione di quello che nella medesima occasione il Papa definì “scetticismo democratico”.
La democrazia per reggere l’urto delle prove a cui è esposta ha bisogno di un nucleo fondamentale di valori realmente condivisi, che nel passaggio da un governo all’altro, da un Parlamento all’altro, garantiscano la continuità del patto fra i cittadini e il rispetto dei diritti di tutti come persone. Essa non può ridursi al rispetto meramente formale di istituzioni e di regole che sono certamente necessarie al vivere comune, ma non sufficienti. Lo stesso Böckenförde, pensando alle vicende che nella sua Germania portarono all’avvento di Hitler, si domandava: “A cosa servirono alla democrazia di Weimar tutte le assicurazioni dello Stato di diritto, dal momento che era venuto meno proprio quel fondamento, cioè la lealtà democratica dei gruppi politici?”. Una domanda capitale anche per questa stagione.