Uno sciopero travagliato. Finite da tempo le “lotte padronali” di massa, resta un forte deficit di rappresentanza per i lavoratori
Le cause appaiono fumose rispetto alla verità dei fatti: sembra più un “marcare il territorio”, il bisogno di mostrare i muscoli.
Diventa poco comprensibile capire il senso di uno sciopero generale (una misura estrema: si chiede agli italiani di paralizzare l’Italia per un giorno) indetto da due organizzazioni sindacali quali la Cgil e la Uil, nel mezzo di una manovra finanziaria che per una volta dà invece che togliere soldi dalle tasche degli italiani. Le cause appaiono fumose rispetto alla verità dei fatti: sembra più un “marcare il territorio”, il bisogno di mostrare i muscoli. Una scelta che può essere controproducente, se poi lo spauracchio-sciopero generale si trasformasse nel semplice stop di alcuni treni o bus.
Ma tant’è. Più che rivedere la situazione (anche giuridica) dei sindacati italiani, così come avrebbe preteso pure la Costituzione relativamente alla loro rappresentatività, andrebbe fatta da essi stessi una riflessione sul loro ruolo e sulla loro presenza nell’economia e nella società italiana del 2050. Il fatto che la maggior parte degli iscritti siano pensionati – quindi non lavoratori attivi – e, tra questi ultimi, la maggioranza schiacciante arrivi dal pubblico impiego, sta facendo dei maggiori sindacati italiani i rappresentanti di precise categorie e di precisi interessi. Non dell’interesse comune, che pure dichiarano di rappresentare e perseguire.
Ciò sta creando una profonda spaccatura all’interno stesso della società italiana, dove sono quasi spariti i rappresentanti sindacali nelle fabbriche e negli uffici, e gli scioperi si registrano perlopiù nei comparti scuola (strategicamente posizionati il lunedì o il venerdì, per raccogliere adesioni pro-weekend lungo…) e nei trasporti pubblici. Molti non capiscono né appoggiano le rivendicazioni dei pochi, sempre gli stessi. I cui effetti negativi si scaricano quasi sempre addosso ai molti.
Finite da tempo le “lotte padronali” di massa, rimane comunque un forte deficit di rappresentanza per la variegata schiera dei lavoratori italiani: una delle cause che ha portato un progressivo peggioramento di molte tipologie di lavoro – in particolar modo quelle “precarie” – e soprattutto delle retribuzioni. Ferme da una ventina di anni un po’ in tutti i settori che non siano quelli pubblici.
È una situazione non nuova, ma a quanto pare irreversibile. Con il rischio che i sindacati tradizionali rimangano incollati a liturgie e pensieri del Novecento, in un mondo inesorabilmente cambiato.