Un po’ tutti si muore dentro. Le immagini sulla resistenza del popolo ucraino
Tornano insistenti le parole di una donna ucraina: “se nessuno intende morire per Kiev, il mondo deve sapere che Kiev muore per tutti”.
“Se nessuno intende morire per Kiev, il mondo deve sapere che Kiev muore per tutti”. Sono le parole di una donna ucraina a una radio italiana, confermano la tempra e la dignità di un popolo segnato, non solo oggi, da sofferenze, morti e distruzioni. Un popolo che chiede aiuto.
La solidarietà di fatto all’Ucraina non può però consistere in un intervento armato e questo non significa che si abbandoni Kiev e l’Ucraina alla sorte. L’innalzamento delle sanzioni e l’isolamento internazionale del governo russo ne sono una prova anche se almeno per il momento non riescono ad arrestare i carri armati.
Quella donna ucraina vuole dire che la resistenza di Kiev non è solo per la libertà di Kiev, ricorda che il disegno dell’aggressore è quello di spegnere la libertà comunque e ovunque. Getta quindi l’allarme.
Nelle sue parole non c’è solo una denuncia, c’è la responsabilità di chi nel chiedere un aiuto per difendere i diritti del proprio popolo pensa al rischio che altri popoli corrono o potrebbero correre.
In questo quadro si inserisce una seconda riflessione che riguarda il popolo il cui governo ha deciso di asservire o annientare l’Ucraina.
Una parte di quel popolo ha il coraggio di dire no alla follia e alla disumanità, scende in piazza rischiando fermi e arresti.
Il crescere di una reazione in casa propria, non del tutto prevista, preoccupa l’aggressore, è una spina del fianco difficile da togliere.
Questa ribellione è infatti un atto di solidarietà tra popolo russo e popolo ucraino che ha un valore straordinario e si unisce a quelli che nel mondo stanno sempre più crescendo nelle manifestazioni laiche e religiose.
Anche questo è un modo di essere con Kiev.
Tornano insistenti le parole di una donna ucraina: “se nessuno intende morire per Kiev, il mondo deve sapere che Kiev muore per tutti”.
Davanti agli occhi scorrono le immagini e i rumori dell’aggressione e le parole si fanno sempre più forti nella coscienza, la scuotono e la risvegliano.
Porte che non si sono aperte a chi fuggiva da altre guerre ora si spalancano ai profughi d’Ucraina: sarà questo un motivo per abbattere i muri e i fili spinati della vergogna? Non viene dal sacrificio di Kiev il monito perché nessuno che fugge dalla violazione dei diritti umani sia mai più respinto ai confini dell’Europa?
Si “muore dentro” un po’ tutti di fronte alle immagini di tante persone innocenti e di ogni età che soffrono nei rifugi delle città o nel gelo delle foreste. La preoccupazione diventa ancor più grande perché stanno “morendo dentro” anche i bambini, i ragazzi, i giovani che si vedono derubati dei diritti, della pace, della speranza. E con loro sono derubati i bambini, i ragazzi, i giovani del mondo.