Un anno difficile che chiama alla responsabilità. Nota Politica
Nel momento che stiamo vivendo, mette i brividi anche solo il pensiero di una crisi di governo.
Che l’ultimo anno della legislatura sarebbe stato complicato per il governo Draghi erano in molti a pensarlo, a elezioni presidenziali compiute. La prospettiva del voto politico nella primavera del 2023 (preceduto tra pochi mesi da un’importante tornata amministrativa) lasciava presagire sussulti propagandistici crescenti anche tra le forze della maggioranza. Ma era ragionevole sperare che di fronte al dramma dell’aggressione russa all’Ucraina – e alle sue conseguenze imprevedibili per intensità ed estensione – i comportamenti dei partiti si incanalassero su binari di maggiore responsabilità, come pure in alcune situazioni hanno dimostrato di saper fare. Nel momento che stiamo vivendo, mette i brividi anche solo il pensiero di una crisi di governo. Al punto che, secondo un’ipotesi interpretativa non priva di suggestione, le fibrillazioni sarebbero paradossalmente favorite proprio dalla consapevolezza che in una fase del genere l’esecutivo è “obbligato” a proseguire comunque il suo cammino. Quindi Draghi non potrebbe far valere la minaccia delle sue dimissioni e sarebbe costretto a venire a patti con le pretese di quei partiti che sono attenti più a tornaconti elettorali di corto, cortissimo respiro che all’attuazione del programma di riforme su cui il Paese è impegnato fino al 2026. E’ un gioco altamente pericoloso giocato tutto sulle pelle degli italiani.
In una di quelle pseudo-democrazie che purtroppo trovano simpatizzanti e conniventi anche da noi, il fatto stesso di destabilizzare il governo in una fase di gravissima crisi internazionale sarebbe considerato una forma di complicità con il “nemico” e quindi oggetto di duri interventi repressivi. Per nostra buona sorte in Italia c’è una democrazia vera e nessuno pensa di militarizzare il dibattito politico silenziando forzosamente le voci dissenzienti. Ma questo non ha nulla a che vedere con il dovere della responsabilità a cui sono chiamati tutti i partiti in nome del diritto dei cittadini ad avere un governo coeso e in piena efficienza, capace di stare con autorevolezza sulla scena europea e globale; di svolgere – insieme ai suoi partner – un ruolo attivo e credibile per obiettivi di pace e di giustizia; di guidare il Paese in una fase che vede messe in discussione le certezze economico-sociali troppo frettolosamente date per acquisite. La stessa lotta alla pandemia richiede ancora impegno e rigore tanto più a causa delle ripercussioni umanitarie della guerra, mentre alcuni vorrebbero archiviare sbrigativamente il capitolo Covid come un mero incidente di percorso, cavalcando strumentalmente la stanchezza maturata dagli italiani in questi due anni. Come se proprio la guerra non ci ricordasse che non ci si può illudere di poter riavvolgere il nastro e riprendere tutto com’era prima, ammesso che fosse non solo possibile ma anche auspicabile.