Tirare le somme per evidenziare le ferite demografiche. Alcune note a partire dal report Istat su Popolazione residente e dinamica demografica
I segnali della dinamica demografica in Italia ci offrono alcune indicazioni che confermano delle tendenze solo aggravate dalla pandemia.
Finalmente si possono tirare le somme dello stato dell’arte sulla popolazione nel 2020, l’anno orribile della pandemia. L’Istat ha pubblicato l’aggiornamento che mette a tema la dinamica demografica che mette in evidenza quanto effettivamente è accaduto rispetto all’anno precedente. È passato un anno, ma tirare le somme è importante per fare un’analisi e confrontarla con possibili prospettive.
I segnali della dinamica demografica in Italia ci offrono alcune indicazioni che confermano delle tendenze solo aggravate dalla pandemia. È certificato, rispetto all’anno precedente, il calo del numero dei residenti che si attesta poco sopra i 59milioni e 230mila cittadini. La tendenza è diffusa su tutto il territorio nazionale, dato che perdono abitanti tre comuni su quattro. Tuttavia la diminuzione è più diffusa nel meridione dove la popolazione scende del 1,2%.
L’accelerazione della decrescita è da attribuire in grande parte alla dinamica naturale: durante il primo anno di pandemia sono morte 740mila persone, non si ricorda una cifra così alta dal 1918, quando si contarono 1milione e trecento mila morti, ma bisognava considerare da una parte le vittime dal fronte dovute alla Grande guerra e dall’altra quelle (circa la metà) dovute all’epidemia di febbre spagnola. Nel 2020 il tributo più alto è stato pagato dalle regioni del Nord che hanno subito una crescita del 30% del numero dei decessi rispetto all’anno precedente. Lo stesso anno è stato segnato il nuovo minimo di nascite. Sono venuti al mondo appena 405mila bambini, una diminuzione costante che sembra difficile da interrompere. La scarsa natalità ha un effetto dirompente sull’innalzamento dell’età media che arriva ormai a 45,4 anni, contro i 45 del 2019.
Neanche il contributo dei cittadini non italiani è sufficiente a cambiare rotta. L’aggiornamento rileva che essi raggiungono l’8,7% del totale dei residenti. Con i loro 34,8 anni di media abbassano l’età. Inoltre mantengono il rapporto tra natalità e mortalità in zona positiva (oltre 50mila persone in più). Un piccolo supporto per arginare il crollo demografico.
La posticipazione della scelta di diventare genitori è un dato acquisito, ci sono sicuramente motivazioni strutturali: periodo lungo per l’inserimento lavorativo, scarsa attenzione alle politiche familiari e al sostegno alla natalità, sfiducia nella conciliazione tra tempi di famiglia e lavoro. A queste cause di contesto sociale, però si sommano scelte di vita dei ventenni italiani che guardano a nuovi stili e nuove progettualità, tra le quali trova un posto assai defilato l’aspirazione-obiettivo di diventare genitori. L’inverno demografico diventerà con rapidità crisi sociale: perché si riduce costantemente la popolazione attiva. Ci sarà molta meno gente che sosterrà le spese di un welfare sanitario e pensionistico sempre più esigente.