Pnrr e parità di genere. Asvis: "Primi passi importanti, ancora molti da fare"

L'analisi del Piano alla luce del Goal 5 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.  Stefanini: "Deve dare voce alle donne che sono più del 50% della popolazione italiana". I dati: tasso d'occupazione oltre 10 punti sotto la media Ue e aumenta il part time involontario. Tra aspetti del Pnrr valutati negativamente: risorse inadeguate per l’imprenditoria femminile e per gli asili nido

Pnrr e parità di genere. Asvis: "Primi passi importanti, ancora molti da fare"

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza deve diventare il piano per il Paese, deve coinvolgere società civile e organizzazioni economiche e di rappresentanza, ma deve anche dare voce e rappresentanza alle donne che sono più del 50% della popolazione italiana. Per questo, mentre si deve riconoscere che alcuni importanti primi passi sono stati compiuti non possiamo non rimarcare che sono ancora molti quelli da fare”. Lo sottolinea il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini, presentando l’analisi che l’Alleanza ha fatto del documento, alla luce del Goal 5 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’occasione, il webinar "Donne: partecipazione e occupazione per il rilancio del Paese" dedicato alla parità di genere, seconda tappa di avvicinamento al Festival dello Sviluppo Sostenibile (28 settembre -14 ottobre 2021). “Complessivamente - aggiunge Stefanini - il Piano deve essere monitorato attentamente nel perseguimento degli obiettivi dichiarati in tema di riequilibrio fra uomo e donna,  attraverso l’articolazione progettuale e l’eventuale integrazione delle risorse europee con risorse nazionali”.
Quella tra uomini e donne è una delle principali disuguaglianze nel nostro Paese, certificata dal Global ranking for gender equality del World economic forum che colloca l’Italia al 76° posto su 153 Paesi, divario ulteriormente accentuato dalla pandemia. Pertanto il superamento di tale gap diventa un obiettivo non più rinviabile, sottolinea Asvis, secondo cui "il terreno da recuperare è molto". Lo dicono i dati. Ad esempio il tasso di occupazione femminile, che è ancora ben oltre 10 punti sotto la media europea: nel 2020, quindi prima della pandemia che ha ulteriormente peggiorato la situazione, era del 49% contro una media europea del 62,5%. Il target è dimezzare entro il 2030 il gap occupazionale di genere rispetto al 2020: e, se pure ci avviciniamo alla Ue, per gli analisti non c’è la velocità necessaria per raggiungere l’obiettivo.

Non è questo il solo indicatore a “testimoniare la gravità della situazione”. L’Asvis prende in considerazione il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con e senza figli, che migliora dal 2010 al 2015 per poi peggiorare fino al 2020. E ancora l’aumento del part time involontario, significativamente più alto per la componente femminile (nel 2020 19,3% vs 6,2% sul totale dei lavoratori; erano 13,1% vs 6,2% nel 2010). L’Asvis registra un “chiaro miglioramento” della presenza femminile nelle istituzioni pubbliche e private, che rimane comunque bassa, seppur migliore anche rispetto al dato europeo.

Deve essere giudicato positivamente l’aver inserito nel Pnrr la trasversalità dell’uguaglianza uomo-donna rispetto all’asse strategico “Inclusione sociale” assieme all’attenzione ai giovani e al superamento dei divari territoriali.  - precisa Asvis - Ed è da giudicare altrettanto positivo aver inserito nel Piano la cosiddetta clausola di condizionalità, diretta a subordinare l’esecuzione dei progetti all’assunzione di giovani e donne ed avere, col Decreto Semplificazioni, fissato l’obbligo per le aziende con più di 15 dipendenti che partecipano alle gare di appalto, di garantire almeno il 30% di occupazione femminile e giovanile.

“Da registrare positivamente, alzando lo sguardo a livello internazionale, che per la prima volta il G20 varerà una road map per l’empowerment delle donne che deve comprendere- oltre le misure per l’occupazione femminile, la ricerca per una medicina di genere e altre misure per valorizzare la presenza femminile in ogni settore della vita pubblica- anche un piano biennale di tutti i governi contro gli stereotipi di genere”, aggiunge l'organizzazione.

Ma, tornando sul piano nazionale, dagli interventi delle coordinatrici del gruppo di lavoro sulla parità di genere, sono anche emersi gli aspetti del Pnrr valutati negativamente. "Non sono giudicati chiari - si legge -  gli strumenti per garantire l’accesso delle donne ai settori digitale e green a cui sono destinate le maggiori risorse del Piano; sono giudicate inadeguate le risorse, 4oo milioni, per l’imprenditoria femminile che rappresenta il 22% del totale del  produttivo italiano; insufficienti quelle destinate al ciclo educativo 0-6 anni, ed in particolare quelle per gli asili nido per i quali è previsto di arrivare nel 2026 al 37% di copertura –oggi è al 25,5- ovvero poco sopra a quel 33% che era stato fissato già nel 2010 dal Consiglio Europeo di Barcellona.  E ancora, fra le altre critiche, sono giudicati insufficienti gli investimenti in infrastrutture sociali e servizi sociosanitari integrati e di territorio che liberano le donne dai carichi di cura-infanzia, anziani, disabili- e che nello stesso tempo sono volano per l’occupazione femminile.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)