Perché non ci si fida di vaccini e Greenpass? Continuano a emergere gruppi di pressione e manifestazioni di protesta
Dietro le contestazioni si nascondono paure e disorientamento, oltre che una carenza di fiducia nelle istituzioni sociali che negli ultimi decenni hanno perso parte del loro credito reputazionale.
La campagna vaccinale con impegno e fatica sembra arrivare all’obiettivo che si era proposta per settembre. Una tappa importante perché le scuole possano vivere l’inizio delle loro attività in modo sereno e perché lentamente il mondo della produzione e del lavoro possa iniziare a progettare investimenti per la ripresa. Un messaggio positivo.
Però, mentre sembra che si stia per superare la soglia dell’80% della popolazione, che ha completato il suo percorso di immunizzazione per contrastare la pandemia, continuano a emergere gruppi di pressione e manifestazioni di protesta di persone che non vogliono vaccinarsi e non vogliono subire gli effetti di restrizione della socialità conseguenti alla loro decisione.
I No vax non accettano di credere all’esistenza della malattia e denunciano fantomatici complotti. I No Greenpass chiedono di poter accedere nei locali pubblici o nei posti di lavoro (a scuola o nelle mense aziendali), rivendicando la loro libertà di movimento.
Entrambi i gruppi, minoranza chiassosa del paese, e forse sostenuti o giustificati da soggetti che hanno interesse a fomentare e alimentare dubbi o disagi, lasciano emergere due atteggiamenti che caratterizzano sottotraccia la società postmoderna.
Il primo è atteggiamento antiscientifico nascosto dalla manifestazione di un giudizio critico. I nostri nonni non avrebbero mai messo in discussione quanto affermava il loro medico e che veniva avallato dalle istituzioni sanitarie. Si sarebbero affidati, anzi, avrebbero rivendicato come un loro diritto alla salute essere vaccinati.
Il secondo atteggiamento è l’individuazione che presenta una società privatizzata, nelle quali si è pronti a rivendicare la propria autonomia. una rivendicazione egocentrica talmente forte e sentita che mette da parte l’attenzione verso l’altro e la tutela dei più fragili e vulnerabili.
Dietro le contestazioni si nascondono paure e disorientamento, oltre che una carenza di fiducia nelle istituzioni sociali che negli ultimi decenni hanno perso parte del loro credito reputazionale.
Però c’è un’altra ragione che risiede nella difficoltà di comprendere il “discorso scientifico”. A una prima fiducia cieca verso la scienza si è sviluppato per reazione una relativa titubanza. Studiosi, scienziati, tecnici non sono maghi, né detentori del sapere e della verità, ma ricercatori che si collocano dentro percorsi e provano a dare risposte che siano l’approssimazione migliore possibile verso una risposta a partire dagli strumenti e dalle conoscenze che in questo periodo storico sono a loro disposizione.
Bisognerebbe prendere atto che un altro spazio che ha messo in discussione la pandemia è il nostro rapporto con la scienza, sarebbe importante non perdere l’occasione per aprire un percorso per renderla più vicina alle persone.