Padre Maccalli: «I miei piedi erano in catene, il cuore no». È ospite all’assemblea missionaria di sabato 18 settembre
Il rischio più grande, di fronte a storie eccezionali come quelle di padre Gigi Maccalli è quello di ridurre le persone in “personaggi” e i santi in “santini”.
Condensare anni di poche e frammentarie notizie, dal rapimento in Niger il 17 settembre 2018 da parte dei jihadisti del Sahel vicini ad Al Qaeda alla sua liberazione, due anni più tardi, in Mali l’8 ottobre 2020, in un ritrattino agiografico di poche righe, uguale a mille altri. Eppure, dietro la storia di padre Gigi Maccalli, classe 1961, originario della diocesi di Crema e missionario della Sma, Società Missioni Africane, c’è l’ennesima dimostrazione della forza rivoluzionaria del Vangelo, capace di elevare i deboli nel momento della loro maggiore vulnerabilità, di trasformare il dolore in grazia e di rendere persino naturale il dono della vita.
Padre Maccalli è a Feriole da venerdì 17 settembre e nel pomeriggio di sabato 18 settembre è ospite al Seminario minore di Rubano per l’assemblea missionaria diocesana. «Ogni missionario ha la sua storia – racconta – la mia è nata quando, da giovane seminarista, ho incontrato dei missionari che hanno aperto in me la finestra su un desiderio: testimoniare il Vangelo in Africa».
“Missione: ascoltare con Dio il grido dell’umanità” è il titolo dell’assemblea missionaria della Diocesi di Padova di quest’anno: «Risuonano in me le parole del gesuita Francois Varillon: “Ciò che l’uomo umanizza Dio divinizza”. Per me la missione è ascoltare il grido dell’umanità sofferente, è umanizzazione, è compartecipazione. La missione non è fare miracoli, ma vivere davvero nel quotidiano la compassione di Gesù, facendosi prossimo di ogni persona che si incontra». Anche se le persone sono guerriglieri jihadisti con il kalashnikov in mano: «Ho chiamato le persone per nome, ho fasciato le ferite di un soldato, ho dato le medicine a chi stava male, ho persino insegnato un po’ di francese a uno che lo voleva imparare. Non siamo schiavi dello sguardo da nemico, ma ci possiamo guardare come persone».
In quei primi mesi, mentre il mondo non sapeva nemmeno se padre Gigi fosse ancora vivo, il Signore ha chiamato di nuovo. «Mi sono chiesto che missionario fossi quando mi hanno messo le catene. I miei piedi erano in catene, ma il cuore no. Il fondatore della Sma, mons. Marion de Bresillac, ci voleva “missionari dal profondo del cuore”. La patrona delle missioni, santa Teresina di Lisieux, voleva essere “nella Chiesa il cuore”. La missione nasce dal cuore, e con il cuore cammina. E allora mi sono detto: “Sarò preghiera per le periferie del mondo, per tutti i missionari per la pace”, ed è quello che ho fatto. Non avevo tabernacolo, non avevo breviario, non avevo una Bibbia, non ho potuto mangiare l’Eucarestia per 752 giorni, ma in ogni domenica, celebravo sull’altare del mio deserto la mia messa, e alla consacrazione mi fermavo sulle parole “questo è il mio corpo offerto, questo è il mio cuore spezzato, io non ho altro da offrirti Signore”. Lì capisci che non è soltanto un rito, è un’offerta della vita, è profonda comunione con il corpo di Cristo donato, offerto. Così ho offerto la mia vita, ero pronto ad andare fino in fondo. Ho detto: “Signore, questa è la mia vita che offro, vada come vada, continuo a essere tuo discepolo, tuo testimone».
Dopo il rapimento di padre Maccalli, in Niger la situazione è peggiorata: «I cristiani devono riunirsi nelle case con molta discrezione. Ma sono convinto che questo periodo di fatica e persecuzione porterà i suoi frutti, le comunità torneranno a fiorire. L’Africa sarà salvata non dalla violenza, ma nel dialogo e nell’incontro con i fratelli musulmani. Chi mi ha rapito era schiavo di video di propaganda e di una forma deviata del Corano: ho tanti amici musulmani che hanno ringraziato Dio per la mia liberazione. Questa sofferenza va trasformata in attenzione all’altro: siamo tutti cercatori di Dio e cerchiamo insieme di costruire la pace».
Il suo libro in uscita nei prossimi giorni
Padre Gigi Maccalli, venerdì 17 settembre, alle 20.45, porta la sua testimonianza nella chiesa di Feriole. Sabato 18 settembre è, invece, presente all’assemblea missionaria diocesana, alle 15.30, nel Seminario minore di Rubano. Domenica 19 settembre, alle 10.30, presiede la messa negli spazi esterni della casa Sma a Feriole. A giorni uscirà il suo libro Catene di libertà. Due anni da rapito Sahel edito dalla casa editrice Emi.