Lavoro, dalle Acli quattro proposte per migliorare il Reddito di cittadinanza
Il presidente Manfredonia: “Le nostre proposte sono semplici, cominciando con l’eliminare l’obbligo di dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro per chi è indirizzato ai Servizi sociali”. Maggior ruolo ai Comuni nell’attuazione del Puc, dar vita a “Segretariati sociali 2.0”, superare i Centri per l’impiego, una clausola sociale che vincoli l’indotto pubblico
“Le nostre proposte per rendere più funzionale il Reddito di cittadinanza, uscendo da una logica rivolta unicamente alla eliminazione della misure per superarne le distorsioni, sono semplici. Cominciando con l’eliminare l’obbligo di dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro per chi è indirizzato ai Servizi sociali”. Lo ha detto il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, chiudendo il suo intervento al panel “Riformare il Reddito di Cittadinanza conferendo un ruolo di primo piano ai Comuni”, organizzato nell’ambito della prima giornata di lavori della Summer School Giorgio La Pira, organizzata dalle Acli e dalla Fondazione Achille Grandi.
“È necessario inoltre ridefinire i criteri di ‘lavoro congruo’ per stimolare l’accesso all’occupazione; promuovere le assunzioni dei percettori di RdC; dare incentivi ai datori di lavoro per aumentare le chiamate dei percettori. Infine, rafforzare i patti per l’inclusione e l’attuazione dei Puc. Pensiamo che con queste semplici misure il RDC possa essere riformato, superandone le distorsioni”.
Le proposte delle Acli
In primo luogo, “i Comuni sono tra i principali attori del sistema RdC e devono essere la prima frontiera dello Stato nell’accoglienza, nella formulazione di politiche e nella risoluzione dei casi che si riscontrano sul territorio – affermano le Acli -. Occorre dare un maggior ruolo ai Comuni nell’attuazione dei Puc (Progetti utili alla Comunità), in sinergia con il Terzo settore e nell’ambito del RdC”. Occorre poi “formare personale qualificato all’interno degli enti locali, in grado di gestire percorsi e progetti che per i beneficiari del RdC”; e occorre “immaginare strumenti premiali per quei Comuni virtuosi che avranno avviato più PUC o avranno comunque contribuito alla presa in carico o all’inclusione dei soggetti beneficiari”.
In secondo luogo, le Acli chiedono di “lavorare sui territori e in sinergia con i Comuni per dare una risposta concreta alle necessità delle persone”. Le Acli propongono di dare vita a dei “Segretariati sociali 2.0”, dei veri e propri uffici di prossimità, dei ‘punti’ integrati di accesso all’informazione e ai servizi di supporto. I Segretariati – precisno le Acli - rappresenteranno una porta di accesso facilitato ai cittadini che non sono già in carico al servizio sociale o ai cittadini che vivono una condizione di temporanea difficoltà”.
Inoltre, l’associazione invita a superare i Centri per l’impiego. “Superare la logica dei meri Centri per l’impiego e creare delle ‘Case del lavoro’, dove le singole realtà del Terzo settore possano apportare il loro contributo nell'erogazione e nel coordinamento di servizi essenziali di formazione, orientamento e presa in carico delle persone”. Per le Acli, occorre puntare su una presa in carico multidisciplinare della persona che integri sociale/sociosanitario-lavoro-educazione”.
Infine, “occorre una ‘clausola sociale’ che vincoli l’indotto pubblico a progetti di nuova imprenditorialità sociale e d’inserimento lavorativo per soggetti fragili o beneficiari del RdC da avviare con co-progettazioni realizzate insieme a Comuni, comunità locali e Terzo Settore”.
“In diversi campi è possibile dare mercato all’economia sociale e a imprese, come le cooperative sociali di inserimento lavorativo, per dare occupazione a persone che sempre più difficilmente riusciranno a trovarla”.