L’imprescindibile esigenza di continuità di azione. Nota Politica
Le oscillazioni e le ambiguità dei partiti hanno offerto e offrono una sponda a comportamenti che si sottraggono al dovere costituzionale di solidarietà.
Dal 6 dicembre scattano le nuove regole anti-Covid, peraltro già anticipate e rafforzate in molti casi a livello locale. Non sappiamo se basteranno ad arginare la pandemia, a maggior ragione dopo l’irruzione sulla scena di una nuova variante del virus. La Omicron, oltre a ricordarci che dalla pandemia non si può uscire se si abbandona a se stessa la parte più povera dell’umanità, ci ha sbattuto in faccia quel che uno sguardo non viziato da ideologie più o meno bislacche e da angusti interessi di fazione era già in grado di cogliere: non è il momento di abbassare la guardia, anzi, occorre un surplus di responsabilità.
Vale per i cittadini, vale ancor di più per le forze politiche. Nella conferenza stampa in cui ha illustrato le nuove regole, subito dopo il Consiglio dei ministri del 24 novembre, Mario Draghi ha affermato che “per ricucire le contrapposizioni tra chi si vaccina e chi non si vaccina bisogna che il governo sia compatto, non deve avere cedimenti o posizioni diverse, altrimenti la mancanza di compattezza viene utilizzata come scusa per evitare l’obbligo”. Se è vero che il pacchetto di misure alla fine è stato approvato all’unanimità, a questo risultato si è arrivati in extremis e dopo l’ennesima faticosissima mediazione. Resta il problema segnalato in modo esplicito dal premier: le oscillazioni e le ambiguità dei partiti hanno offerto e offrono una sponda a comportamenti che si sottraggono al dovere costituzionale di solidarietà.
Oscillazioni e ambiguità di partiti e di leader che si ritrovano, variamente declinate e distribuite, anche rispetto alla questione politica cruciale di qui a gennaio: l’elezione del presidente della Repubblica. Ovviamente in primo piano c’è la scelta di “una severa, rigorosa figura di garante della Costituzione” nel solco dell’esperienza di Sergio Mattarella, come viene sottolineato in un recente documento sottoscritto da quindici organismi e associazioni che “si ispirano alle culture politiche dei padri costituenti”. Lo scenario in cui si trova oggi il Paese impone che questa scelta sia compiuta anche tenendo conto dell’imprescindibile esigenza di una continuità nell’azione del governo e del Parlamento. Le ultime notizie sul fronte della pandemia rendono ancora più stringente questa condizione. Ma anche sull’alto grande fronte, quello dell’economia e quindi del Pnrr, non ci possiamo permettere interruzioni di corrente. L’Italia ha chiesto fondi più di ogni altro Paese europeo e non bisogna mai dimenticare che l’erogazione non è un assegno in bianco ma è strettamente collegata all’attuazione del Piano. E su questo impegno nessuno (giustamente) ci farà sconti: i riflettori sono già puntati. L’esigenza di continuità, beninteso, non si colloca soltanto sul piano della scelta delle persone, ma anche su quello del metodo. I partiti devono mostrarsi capaci di costruire un consenso ampio intorno al nome per il Quirinale. Pensare che si possa eleggere un Presidente con una maggioranza risicata senza che questo abbia conseguenze esiziali sulla tenuta del governo e dell’intero quadro politico, è una mera, pericolosa illusione.