"In Italia città poco green, al di là delle belle parole": il report del Wwf
Nel rapporto Urban Nature 2021 del Wwf, i mali di politiche urbanistiche che non tengono conto della crisi climatica e del benessere dei cittadini. Dai piani urbanistici obsoleti ai parchi inquinati da pesticidi. “Urgente una legge sul consumo del suolo”
Piani urbanistici obsoleti, parchi e viali cittadini inquinati da pesticidi, campagne abbandonate: è il volto poco green di molti comuni italiani. Ma non tutto è perduto, visto che le buone prassi e i progetti innovativi esistono, anche nel Belpaese. È quanto emerge dal report Urban Nature 2021, dal titolo “Verso Città ‘Nature Positive’: Decementifichiamo il nostro territorio - Rinverdiamo la nostra vita”, pubblicato dal Wwf. “Le nostre città vanno ripensate per affrontare la crisi climatica e migliorare il benessere e la qualità della vita delle comunità -dichiara Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia-. Riportare la natura in città servirà anche ad invertire la curva della perdita di biodiversità che sembra oggi irreversibile”.
Tre i filoni tematici del Report: “Decementifichiamo le città”, “Nutriamo la biodiversità”e “Rinverdiamo le nostre scuole”. Oltre alla denuncia della situazione, il report presenta una rassegna di progetti pilota, proposte e modelli per rivoluzionare i paradigmi delle nostre città, mettendoli a disposizione di istituzioni, realtà civiche attive sul territorio e cittadini per essere realizzati in maniera capillare. Alla stesura del report hanno contribuito docenti del Politecnico di Milano e delle Università di Roma Sapienza, Roma Tre, del Molise e dell’Aquila.
Negli ultimi sei anni sono state cementificati oltre 14 chilometri quadrati di coste italiane. È come se fosse nata una nuova città dalle dimensioni di Lecce, denuncia il Wwf. “Il 20% del nostro territorio è governato da piani urbanistici comunali antecedenti al 1995, con 2,5 milioni di persone che risiedono in comuni con strumenti urbanistici 'aggiornati' tra il 1969 al 1977. Serve con urgenza una pianificazione urbana rinnovata che sappia misurarsi con le sfide epocali dell’adattamento climatico degli insediamenti, della mitigazione delle emissioni legate all’organismo urbano e che sia capace di usare con sempre maggiore sapienza gli strumenti sofisticati della densificazione urbana (infilling) e della deimpearmibilizzazione (de-sealing), assumendo l’orizzonte del bilancio zero del consumo di suolo”.
“Non è più rinviabile una legge sul consumo del suolo -aggiunge Donatella Bianchi-. Per di più, in larga parte del territorio continuiamo a comportarci come se il cambiamento climatico e l’erosione dei sistemi naturali non stesse avvenendo a ritmi insostenibili, basandoci su strumenti di pianificazione urbana ormai datati che non considerano gli aspetti ecologici né i servizi ecosistemici. Mettere il nostro territorio nelle condizioni di 'difendersi' dagli effetti del cambiamento climatico è una priorità che si può affrontare in tre mosse: una legge per fermare il consumo del suolo (un’altra legislatura passerà invano?), una legge nazionale sul clima e l’adozione di una nuova strategia nazionale sulla biodiversità aal 2030 in linea con gli obiettivi della Strategia UE”.
Per fortuna non mancano in Italia e in Europa esempi di città che hanno cambiato approccio con il proprio territorio. “In Spagna (a partire da Bilbao) e nei Paesi Bassi, dove l’approccio ecosistemico è stato applicato su scala regionale per realizzare infrastrutture verdi; a Barcellona, dove i servizi ecosistemici sono stati considerati nella definizione e attuazione delle strategie per un progetto di green e blue infrastrutture (Gbi); nella città di Oslo (capitale della Norvegia) nel Kummunenplan è presente un progetto di rete verde per tutelare le aree naturali esistenti e creare nuovi spazi verdi; nel comune di Rescaldina, localizzato nell’area nord ovest dell’area metropolitana di Milano dove è stato presentato un Piano di Governo del Territorio (Pgt) che prevede la realizzazione di infrastrutture green e blue”.
Il report ricorda poi come sia impossibile separare le questioni della città da quelle della campagna. “Il rapporto città-campagna è stato un tratto distintivo della storia del nostro Paese -si legge le documento- e le 'agricolture urbane' e i parchi agricoli hanno lasciato e lasciano ancora un segno nel paesaggio urbano e periurbano, dove si sviluppano esperienze consolidate di agricoltura multifunzionale (a Milano, come a Roma, Firenze, Torino e Palermo) o esperienze pilota che coniugano la produzione agricola con la biodiversità, il paesaggio e il contesto sociale (come a Bergamo e Bologna). O, come insegnano iniziative in ambito agricolo che sono state realizzate nell’ultimo decennio, grazie all’impegno della Fondazione Cariplo: con le esperienze già realizzate a ridosso di Milano (bando Spazi Aperti) o i circa 30 progetti che sono in via di realizzazione tra la Lombardia (aree metropolitane di Milano e Brescia) e le province piemontesi di Novara e Verbano-Cusio-Ossola (bando Coltivare Valore)”.
Altro elemento rilevante riguarda l’utilizzo in città di biocidi e prodotti fitosanitari, indoor e outdoor, come gli insetticidi nella lotta alle zanzare e diserbanti nella gestione dei bordi stradali e infrastrutture verdi. Il glifosate è il diserbante più utilizzato (in Italia ognuno/a di noi, volente o nolente, usa l’anno 3kg di pesticidi a testa), ritenuto altamente tossico e inquinante e la cui autorizzazione a livello europeo scadrà nel dicembre 2022, che potrebbe essere facilmente eliminato con pratiche alternative già disponibili. Per questo il Wwf coglie l’occasione per promuovere l’iniziativa europea “Città Libere da Pesticidi”, che prevede l’adozione di un Protocollo per bandire queste sostanze chimiche nocive per la salute e la biodiversità. Iniziativa promossa da Pan Europe che al settembre 2021 vedeva l’adesione di 48 città italiane.