Il protagonismo conteso ai giovani. I giovani sono il soggetto chiave della crescita. Invece continuano a essere messi al margine
Quando Mattarella ha indirizzato lo sguardo verso il futuro del nostro Paese l’occhio si è rivolto alle nuove generazioni, alla loro forza, alla loro capacità propositiva e alle loro difficoltà di emergere nella nostra società.
Durante il consueto discorso di fine anno, l’ultimo del suo settennato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato i giovani ad andare avanti: “non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società”. Quando il presidente ha indirizzato lo sguardo verso il futuro del nostro Paese l’occhio si è rivolto alle nuove generazioni, alla loro forza, alla loro capacità propositiva e alle loro difficoltà di emergere nella nostra società: “i giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani”.
Oggi la nostra società è chiamata ad affrontare grandi sfide, almeno due sono determinanti per segnare il percorso del nostro futuro: da un lato la crisi demografica che vede il continuo calo delle nascite, dall’altro la trasformazione del sistema di produzione, la cosiddetta transizione ecologica e digitale. In entrambi i casi la scommessa dovrebbe partire dai giovani. Sono loro il soggetto chiave. Invece continuano a essere messi al margine.
Lo verifichiamo continuamente quando si osserva la loro presenza nel mondo del lavoro. Nonostante ci sia stata una ripresa delle attività produttive le nuove generazioni continuano a essere svantaggiate. Per il Censis – come rileva nel suo recente Rapporto annuale – il mercato è sclerotizzato. I maggiori tassi di disoccupazione si trovano nella popolazione giovanile, la retribuzione dei giovani è del 30% inferiore a quella della media e del 48% rispetto a quanti hanno superato i 54 anni d’età.
A questi dati si aggiungono poi le situazioni irregolari. L’inserimento lavorativo è caratterizzato da tanti trappole e ricatti: contratti di formazione, utilizzati per risparmiare e non per insegnare un mestiere, richieste di orari più ampi di quelli concordati, mancanza del rispetto dei tempi di riposo o del diritto alle ferie, fino ad arrivare al lavoro totalmente in nero. Purtroppo i giovani si adattano con la speranza di poter acquisire esperienza da rigiocarsi con la prossima attività, e specialmente i meno qualificati rimangono invischiati in quel mondo pieno di ombre. Gli altri avviano di precarietà che lentamente li porterà verso un’autonomia e una garanzia di stabilità.
Il protagonismo dei giovani è minacciato da questa debolezza: da un lato la difficoltà di prevedere il proprio futuro porta a rimandare le scelte di vita: costruire una vita di coppia, diventare genitori sono scelte che inizialmente si spostano sempre più in là nell’età per poi abbandonarle; dall’altro lato la precarietà e lo sfruttamento finiscono per sterilizzare l’apporto innovativo che la creatività e la freschezza dei giovani potrebbe portare nell’ambiente lavorativo, nei processi di produzione, nella proposta dei prodotti.