Democrazia fragile. Nota politica
La grande sfida per la democrazia è la partita che si sta giocando a livello mondiale e che l'aggressione di Putin ha reso evidente in termini drammatici, con il suo carico di violenze e di morti.
“Una tragedia che si è abbattuta con violenza, non su un solo Paese ma sull’intera Europa, mettendo in pericolo pace e libertà. Non riguarda un Paese lontano. Quanto è avvenuto riguarda direttamente ciascuno di noi”. Così Sergio Mattarella si è espresso sull’invasione russa dell’Ucraina, nel breve ma intenso discorso pronunciato a Norcia, luogo simbolo di distruzione e di ricostruzione, ma anche di appello alle radici profonde del continente, grazie alla figura gigantesca di san Benedetto. Sono tornate alla mente ancora una volta le parole del discorso del giuramento, autentica bussola politico-istituzionale per la stagione che stiamo vivendo: “La sfida a livello mondiale per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti”, aveva detto in quell’occasione il capo dello Stato. Che il richiamo a quella sfida non fosse un’elucubrazione astratta o una trovata retorica, ma la visione lucida di una realtà tremendamente concreta lo ha dimostrato, purtroppo, la vicenda ucraina. La grande sfida per la democrazia è la partita che si sta giocando a livello mondiale e che l’aggressione di Putin ha reso evidente in termini drammatici, con il suo carico di violenze e di morti.
Le democrazie appaiono fragili sulla scena internazionale, dopo una fase in cui è stato possibile coltivare l’illusione che partecipazione popolare e Stato di diritto fossero destinati a diventare il modello prevalente. Oggi, invece, “i regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici”, ha ammonito il presidente Mattarella. Nelle analisi geopolitiche che si moltiplicano in questi giorni c’è un elemento che forse non viene sufficientemente messo in evidenza: un fattore decisivo di fragilità è dato dalla presenza all’interno degli stessi Paesi democratici di pulsioni populiste e sovraniste che non si esprimono più soltanto attraverso gruppi marginali ma condizionano gli stessi assetti parlamentari e di governo. Il caso più clamoroso è quello degli Usa, la cui democrazia è stata gravemente ferita dall’assalto a Capitol Hill e dal tentativo di sovvertire il risultato elettorale, tuttora misconosciuto da rilevanti settori dell’opinione pubblica, e in cui non a caso l’ex-presidente Trump ha avuto parole di elogio per Putin anche dopo l’aggressione militare a Kiev. Ma pure in casa nostra l’autocrate russo ha goduto del sostegno e della stima di importanti leader politici, circostanza da cui derivano molte delle incertezze e delle ambiguità che non sono mancate neppure dopo l’invasione. Come non si può fare a meno di notare l’inquietante sussistenza di ampie zone di sovrapposizione tra ambienti filo-putiniani e sostenitori di tesi anti-europeiste e persino no-vax. Si è arrivati addirittura a parlare di “dittatura sanitaria” per avversare la campagna contro il Covid e abbiamo poi avuto modo di vedere di che cosa siano capaci le vere dittature… L’autocritica e il chiarimento di posizioni sono sempre benvenuti e auspicabili, se reali e non strumentali. Ma bisogna fare presto, non è questo il tempo di manovre diversive o dilatorie.