De utilitate. Le lingue, classiche e moderne, sono un modo per avvicinarsi e comprendere gli altri
Riproporre la cultura greca e latina significa trasmettere alle nuove generazioni un’eredità importante, in grado di renderli protagonisti del mondo contemporaneo.
Latino e greco… e chi ci pensa più? Sono lingue morte, ritengono in tanti. E a che serve studiarle nelle nostre scuole?
E’ vero che in questi anni non di rado si è assistito a un boom di iscrizioni proprio nei licei, scuole dove – soprattutto al classico – le lingue dell’antichità hanno un parte importante. Ma è anche vero che in particolare per quanto riguarda lo scientifico ha preso piede la piega “tecnologica”, il curricolo appunto “senza latino”. E se si fa un rapido sondaggio – senza pretese di scientificità, intendiamoci – tra adolescenti, ci si può sentir dire che di latino e greco non solo si può, ma si dovrebbe tranquillamente fare a meno. “Serve l’inglese”, direbbe qualcuno, sbagliando mira. E altri direbbero tranquillamente: “Ma chi le parla più?” (di nuovo sbagliando mira). Oppure; “A che servono per il lavoro?”.
Proprio quest’ultima considerazione, relativa a una scuola che porta al lavoro, prepara a un futuro “funzionale”, dovrebbe far riflettere – ben oltre la questione del latino e greco – sulla deriva del pensiero rispetto al tema dell’educazione scolastica che al di là della preparazione specifica per un futuro professionale dei più giovani – esiste anche questo aspetto, ci sono scuole tecniche e professionali, anche se non vuol dire che siano semplice “addestramento” al lavoro (cosa tra l’altro smentita dallo stesso mercato del lavoro) – ha naturalmente un’ampiezza maggiore, un orizzonte di obiettivi legati alla crescita complessiva degli allievi da non dimenticare mai.
E questo torna nel dibattito sulla presenza di latino e greco in alcuni curricola scolastici, dibattito tuttora vivo non solo a livello di nostalgici delle tradizioni antiche. Con la sottolineatura che riproporre la cultura greca e latina – che le lingue veicolano ma che ha evidentemente rilievo nel più complesso orizzonte del pensiero occidentale, nelle scienze, nel diritto, nella filosofia – significa trasmettere alle nuove generazioni un’eredità importante, in grado di renderli protagonisti del mondo contemporaneo, capaci di leggere e interpretare la cultura di oggi.
Se ne è parlato, nei giorni scorsi, alla prima Giornata europea delle lingue e culture antiche, promossa dal ministro dell’Istruzione francese Jean-Michel Blanquer, con la partecipazione del nostro ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi e dei suoi omologhi della Grecia e di Cipro, oltre che del Commissario alla Promozione dello stile di vita europeo e vice-presidente della Commissione europea Margaritis Schinas.
Latino e greco come questione europea, dunque. Con Bianchi che ha tenuto a sottolineare la “grande responsabilità” dei Paesi del Mediterraneo per la valorizzazione della cultura classica. “Siamo desiderosi – ha insistito il titolare di Viale Trastevere – di promuovere esperienze formative ed educative significative, per dare nuovo slancio alla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione, in cui rafforzare il valore umano e civico della tradizione classica. Le lingue, classiche e moderne, sono un modo per avvicinarsi e comprendere gli altri, per collegare mondi e allacciare relazioni. Sono uno strumento di pace”.
E torniamo al ruolo autentico della scuola, dove la domanda da porsi non è a “cosa servano” le materie studiate (latino e greco, ad esempio), ma piuttosto come, attraverso queste materie, si aiuta lo studente a diventare grande, inserito nel proprio contesto culturale, maturo e protagonista.
I ministri hanno anche approvato una dichiarazione congiunta per “rafforzare la cooperazione nell’ambito dello studio del latino e del greco antico”. Aiutano l’inclusione e il futuro dell’Europa.