Che spreco! L’acqua è un bene comune, ma con questa dicitura abbiamo dato il benestare a sprechi inauditi
Ogni volta che arriva una siccità ci accorgiamo che i nostri acquedotti sono dei veri e propri colabrodi, al Nord come al Sud.
È accettabile che quattro litri di acqua potabile su 10 si disperdano nel e sul terreno a causa di reti acquedottistiche inadeguate? È accettabile che le stesse siano gestite (per modo di dire, visti i risultati) da più di 2mila entità, moltissime delle quali di livello comunale? Quindi con mezzi finanziari completamente inadeguati? È accettabile che un decimo degli italiani abbiano problemi quando aprono i rubinetti?
È infine accettabile che tutto ciò lo sappiamo perfettamente da anni, da decenni, e nel frattempo ci lamentiamo e basta?
Ogni volta che arriva una siccità – e ormai la frequenza sta diventando preoccupante – ci accorgiamo che i nostri acquedotti sono dei veri e propri colabrodi, al Nord come al Sud. Che sprechiamo malamente una delle risorse più preziose per la collettività: l’acqua serve per bere, lavarsi, per usi domestici; viene utilizzata dalle industrie; è vitale per l’irrigazione dei campi; è necessaria ai grandi laghi del Nord anche per motivi turistici; fa funzionare le dighe e produce elettricità pulita…
Ormai l’Italia ha un estremo bisogno di mettere mano a un qualcosa che la fa ripiombare più nel Dopoguerra che nel 2022. Ci vogliono forti investimenti pubblici – assolutamente insufficienti finora e pure scarsetti nelle previsioni del Pnrr, rispetto a quanto s’investe normalmente nel resto d’Europa – e ci vuole la capacità tecnologica e finanziaria di grosse multiutilities che possano gestire e distribuire in modo più efficace il nostro patrimonio idrico.
L’acqua è un bene comune, ma con questa dicitura abbiamo dato il benestare a sprechi inauditi: perché l’acqua è anzitutto un bene prezioso, e in questo modo va trattato. Soprattutto in un futuro che si presenta sempre più torrido, perché il vero cambiamento climatico non sta avvenendo in Normandia o in Lapponia, ma in un Mediterraneo che sta trasformando Spagna, Italia, sud della Francia e Grecia nelle propaggini settentrionali del Maghreb. È accettabile continuare a far finta di niente?