C’è tanto bisogno di buoni maestri. Languono i divulgatori con i necessari doni della comunicazione empatica e dell'ascolto attivo
I buoni maestri sono quelli che vivono e operano nel presente, uscendo dai vincoli del passato senza obliarne tuttavia il patrimonio.
Settembre è tradizionalmente un mese di buoni propositi anche in ambito educativo, soprattutto perché segna la ripresa delle attività scolastiche dopo la lunga pausa estiva.
Sempre più complesso appare oggi il ruolo della scuola e di chi vi presta servizio. Sempre più impegnativo discernere il cammino educativo e formativo dei nostri giovani in un panorama sociale fuorviante e confuso.
Il primo grande equivoco dei nostri tempi risiede nell’attribuzione dei ruoli e delle competenze. Lo vediamo chiaramente anche in altri ambiti. Che ruolo ha oggi la scuola nell’immaginario collettivo? Che funzione le viene attribuita dalle istituzioni e dalla politica? Quali sarebbero le sue competenze?
Durante il lockdown se ne è reclamata a gran voce la presenza, sottolineandone l’importanza.
In molti casi evidenziando il fatto che la sua mancanza determinasse un danno economico allo Stato per l’impossibilità dei lavoratori di adempiere ai propri doveri professionali senza il supporto scolastico nella gestione della prole. Certo, la scuola si occupa anche di tenere occupati in attività formative bambini e ragazzi durante l’orario lavorativo dei propri genitori. È stata proprio la crescita della società industriale a determinare l’avvio negli anni Sessanta delle “attività integrative pomeridiane”, poi evolute nel tempo pieno circa un decennio dopo. Ma il ruolo della scuola non può essere meramente assistenziale, a volte ce lo dimentichiamo. Come pure tendiamo a dimenticare che le competenze degli educatori dovrebbero essere tenute in maggiore considerazione, soprattutto quando le scelte di chi opera all’interno delle aule risultano impopolari e indigeste.
D’altronde, la scuola è affetta dallo stesso male che attanaglia le figure genitoriali, esautorate da un certo tipo di cultura e dalle tendenze del momento. Spesso sono gli stessi genitori a dimettersi dal proprio ruolo per incarnarne uno più disimpegnato, quello dell’ “adultescente” confidente e amico. Non sempre per cattiva volontà, più banalmente per una interiorizzazione errata della propria funzione. C’è anche da evidenziare che i modelli genitoriali di un tempo non sono più adeguati, perché le profonde trasformazioni del tessuto sociale propongono oggi criticità mai affrontate da chi ci ha preceduti. Questo provoca un evidente disorientamento.
Il male della scuola, comunque, non è rintracciabile soltanto nella inadeguata considerazione sociale. Il problema più evidente è la fatica che fa a tenere il passo dei tempi e a rinnovarsi dalle fondamenta. Nessuna riforma è mai riuscita a essere realmente degna di questo nome. Abbiamo assistito a reiterati tentativi di mettere delle “pezze” a un sistema che andrebbe rivisitato da cima a fondo e che non è ancora riuscito a compiere il salto di qualità, passando dall’approccio meramente valutativo a quello realmente formativo. Troppi sono ancora i residui del modello gentiliano del secolo scorso, purtroppo anche tra i docenti. Il rinnovamento interessa la struttura, ma passa anche e soprattutto attraverso gli individui.
C’è tanto bisogno di buoni maestri. I contenuti sono ovunque ormai, la rete è un mare magno. Languono invece i divulgatori con i necessari doni della comunicazione empatica e dell’ascolto attivo. L’apprendimento è un processo articolato, e per non diventare mero nozionismo, ha bisogno di nutrirsi di pensiero critico, riflessione etica e respiro umanistico-pedagogico. D’altronde in una società sempre più avvezza ai tecnicismi e industrializzata, l’esercizio della coscienza trova sempre meno spazio.
I buoni maestri non hanno nulla a che fare con i maestri buoni. Il buonismo, o lassismo, di cui sovente è accusata la scuola nasce dallo spirito di sopravvivenza di chi vi lavora e deve barcamenarsi tra gli sconfinamenti aggressivi di alcuni genitori e la concorrenza spietata dei modelli proposti dal mondo virtuale, che è il primo sabotatore dei percorsi di crescita dei ragazzi.
I buoni maestri sono quelli che vivono e operano nel presente, uscendo dai vincoli del passato senza obliarne tuttavia il patrimonio. Sono dei buoni “traslocatori” – si perdoni la metafora -, pronti a custodire e spostare ciò che è prezioso e fondante da un ambiente all’altro, da una disciplina a un’altra, fecondando il futuro di speranza e di fiducia assieme ai propri allievi, nessuno escluso soprattutto quelli che hanno maggiore bisogno di credere in un domani migliore.