Violenza di genere, l’Autorità garante: “Non basta reprimere, serve un cambio culturale”
Carla Garlatti ascoltata in Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. “Occorre partire dai più piccoli con educazione all’affettività e alla parità”. E ha aggiunto: “L’Italia deve avere l’umiltà di vedere i propri punti deboli a proposito di violenza, non solo rispetto alle risorse ma anche rispetto al contesto sociale e culturale che a lungo ha negato, minimizzato e sottovalutato gli effetti o l’esistenza stessa della violenza di genere”
“Non si può prevenire ciò che non si riconosce. L’Italia deve avere l’umiltà di vedere i propri punti deboli a proposito di violenza nei confronti delle donne, non solo rispetto alle risorse – spesso insufficienti – ma anche rispetto al contesto sociale e culturale che a lungo, e molte volte ancora oggi, ha negato, minimizzato e sottovalutato gli effetti o l’esistenza stessa della violenza di genere”. Così l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, a margine dell’audizione di oggi pomeriggio in Senato davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere, presieduta dalla senatrice Valeria Valente.
Da dove iniziare? “Va raggiunta una consapevolezza generale e collettiva sul tema - commenta Garlatti -. Occorre partire dai più piccoli, promuovere a scuola l’educazione all’affettività e ai sentimenti e quella alla parità di genere. Vanno inoltre avviate riflessioni sul rapporto tra stereotipi culturali e violenza attraverso processi partecipativi: la partecipazione non solo fa capire il fenomeno ai più giovani, ma lo fa comprendere attraverso una riflessione condivisa. La Consulta delle ragazze e dei ragazzi dell’Autorità garante, ad esempio, lo ha fatto e ha proposto alle istituzioni – tra le proprie raccomandazioni – misure strutturali a favore delle donne vittime di violenza, specie se con figli, centri antiviolenza nei comuni più piccoli e forme di supporto online. I ragazzi hanno poi chiesto ai coetanei di stigmatizzare i comportamenti di chi tratta le donne come oggetto di mercificazione, nonché di evitare di inoltrare video che mortificano la persona ritratta per fermare la spirale di denigrazione. E anche quest’anno la Consulta tornerà sul tema occupandosi di educazione all’affettività”.
Quanto agli adulti, i primi interlocutori delle vittime sono le forze dell’ordine, che – secondo Garlatti – vanno adeguatamente formate per gestire il rapporto con le donne e con i figli minorenni e che comunque già molti passi hanno compiuto in questa direzione. Una formazione adeguata e specifica, per la Garante, sarebbe necessaria pure per gli avvocati: “andrebbe infatti superata la logica tradizionale di fare gli interessi esclusivi dell’assistito, cercando di proteggere i minori dalle dinamiche della ‘battaglia processuale’. Allo stesso modo, ai consulenti tecnici d’ufficio dovrebbero essere richieste competenze specialistiche in materia di violenza di genere e domestica, con un forte coordinamento interdisciplinare”.
Infine, ovviamente, “è indispensabile una preparazione specifica anche per i magistrati, per i quali proseguono corsi di formazione mirati, esistono linee guida del Csm e un successivo monitoraggio sulla loro attuazione. Un dato positivo è rappresentato dal fatto che nel 90% delle procure esistono gruppi di magistrati specializzati per trattare in via esclusiva la materia della violenza di genere e domestica”.