Un sussurro potente. Gesù è il vincitore, il primo e l’ultimo, l’Alfa e l’Omega, la via, la verità, la vita, la risurrezione

A cui rispondiamo: «Abbi pietà di me, Signore. Hai mutato il mio lamento in danza. Ti renderò grazie per sempre»

Un sussurro potente. Gesù è il vincitore, il primo e l’ultimo, l’Alfa e l’Omega, la via, la verità, la vita, la risurrezione

La barca e i pescatori. Le reti. Il lavoro notturno e faticoso di chi guadagna la propria esistenza dalle acque del lago di Tiberiade. E poi il fuoco di brace, il pasto. La gioia di sapere che lui è ancora con loro. Il mistero del pane. La delizia del pesce arrostito. E, ancora una volta, le parole: intime, cuore a cuore. La figura appena accennata dalla luce dell’alba, che si fa incontro ai discepoli, davvero è «l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, l’Agnello a cui è dovuta la potenza, la ricchezza, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria, la benedizione»? L’Apocalisse lo canta come in una sinfonia. Ed è lo stesso autore, Giovanni, a descrivere questi due mondi diametralmente lontani, come l’oriente dall’occidente, che la liturgia accosta nel rito. Il lago, la pesca, le reti, i pesci, il cibo, le braci, la gioia, il calore del fuoco, le parole cuore a cuore. Gesù, che chiama i discepoli “figlioli” e si rivolge con la confidenza più soave a Pietro, è l’Agnello immolato e glorioso, il Principio e la Fine, la voce potente che squilla come una tromba, il depositario di ogni potere e gloria e vittoria. Se non accettiamo questo paradosso, in cui la mente quasi si perde, il cristianesimo diventa inaccessibile. È molto comodo Zeus, con i fulmini e il dito alzato, la legge e i sudditi, il potere, e l’obbedienza cieca, prostrata, silente dei fedeli. Ci accorgiamo di come è onnipotente invece Gesù Cristo, l’Alfa e l’Omega, il Risorto, il vincitore della morte e del peccato? Ci accorgiamo di come è potente il sussurro:
«Pietro, mi ami?»? «Pietro...».
Così è il vincitore, il primo e l’ultimo, l’Alfa e l’Omega, la via, la verità, la vita, la risurrezione.
«Pietro...».
Pietro, ci vogliono i galli che cantano all’alba per ricordarti che sono Gesù, il tuo Signore?
«Pietro...».
L’onnipotenza si spoglia, si svuota. Dovremmo andare in ginocchio davanti alla mangiatoia di Bethlehem. È lo stesso Gesù. Con sua madre, l’asino e il bue, i pastori. Lui: è il vincitore. Ma se il nostro cuore non è schiacciato, spremuto da quella domanda – «Mi ami, Pietro?» –, non possiamo capire. Non vuole tirare fulmini. Non vuole soldatini ai suoi comandi. Non vuole esecutori. Vuole mangiare del pane, un po’ di pesce profumato di brace. Vuole stare con te a pescare. L’Onnipotente. Perché «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». Era Pasqua, quando raccontava quelle parabole. «Homo, memento quia pulvis es et in pulverem reverteris». Era Pasqua il Mercoledì delle Ceneri, del grande digiuno con cui la Chiesa ci chiede di ricordare che quando, nel mistero del mondo, veniamo schiantati a terra, possiamo sollevare lo sguardo e sapere che il nostro Dio non è sul pinnacolo del tempio. Cade tre volte, mentre sale il
Calvario, mangiando la polvere. È lì con ogni caduto, con ogni umiliato. Sulle coste del lago di Tiberiade, il cosmo si piega come facevano le ali dei cherubini sopra l’arca dell’alleanza. Il cosmo, il mare, i pesci, l’acqua, le piante, l’aria, il fuoco, la luce, l’alba, il profumo, l’amore, la vicinanza, le barche, le reti, Gerusalemme, l’oriente, l’occidente, le galassie, come le ali dei cherubini, si piegano attorno a lui, seduto in riva al mare. Per me. Ed è Pasqua. Non c’entrano niente le trombe di Haendel. «Resurrexi», sospira Gesù al Padre, al mattino del giorno “uno” della nuova creazione. «Sono risorto e sono sempre con te». Intimissimo – nella potenza. L’Agnello degno di gloria, di onore, di benedizione. Lui: è quell’uomo seduto in riva alla tua vita. Ogni mattina, quando ci alziamo e la notte ci ha regalato tutte le sue tenebre, cantiamo, come il salmista ci dona: «Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato». Dovrebbe essere più forte del sangue delle nostre vene questo canto di Davide, cioè di Gesù risorto, che sale dall’ambone. Dovremmo ascoltarlo in ginocchio, perché è voce appunto del Kyrios, del Signore glorioso. «Non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere, perché non scendessi nella fossa». È lì, seduto in riva al lago. Ti ha appena chiesto: «Mi ami?». E tu rispondi: «Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto. Hai mutato il mio lamento in una danza. Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre».

don Gianandrea Di Donna
Direttore Ufficio Diocesano per la Liturgia

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