Sinodali, coraggio e fiducia. Le voci dalle parrocchie
C’è grande attesa per ciò che “nascerà” dal lavoro dell’Assemblea sinodale Soprattutto c’è desiderio di concretezza per essere davvero Chiesa in uscita
Sono davvero numerosi i laici che hanno partecipato con entusiasmo e dedizione al cammino sinodale e che ora guardano alla nuova fase – le plenarie dell’Assemblea – con aspettative, desideri, speranze. Massimiliano Maron, parrocchia di Este Santa Tecla, auspica che l’Assemblea riesca a ricomporre le tessere di questo grande mosaico che il percorso sinodale ha messo insieme fino a qui. «Spero che possa esserci una “visione”, pur sapendo che non ci sono ricette semplici, preconfezionate, e nella convinzione che sono sempre le persone a fare la differenza. Come alle nozze di Cana, episodio evangelico a cui si ispira il Sinodo, stiamo preparando una tavola imbandita, mi chiedo: chi verrà, poi, a questa tavola? Chi saranno i commensali? Nella mia parrocchia c’è sicuramente attesa su quanto produrrà il Sinodo, nel frattempo un frutto c’è già stato: le persone, grazie agli incontri sinodali, si sono riavvicinate; in queste settimane, poi, verranno illustrati nei consigli pastorali i risultati dei Gruppi di discernimento parrocchiali, un ulteriore momento di incontro in cui condividere temi e proposte». «Il Sinodo ha generato nelle comunità un significativo cammino di Chiesa, un momento “alto” di vicinanza e ascolto tra persone di varie età, interessi e cultura, impegni e carismi – evidenzia Giancarlo Barison, parrocchia di Ronchi di Casalserugo – per questo mi attendo che ci sia da una parte una Chiesa che continui a farsi sentire nelle comunità e dall’altra una parrocchia che sappia creare sempre nuovi spazi di dialogo e ascolto, perché le sfide di oggi sono tante. Dal Sinodo mi aspetto inoltre indicazioni pratiche e sostenibili, per imparare a fare meno comunicazione – magari... – e più “comunione” tra persone, per uscire da un ruolo tradizionale e assumerne via via uno di nuovo. Prendo spunto dal Vangelo di Luca: “Marta, Marta… di una sola cosa c’è bisogno… (10,42)”. C’è una relazione d’amore che viene prima dell’azione, un atteggiamento che arricchisce. L’esperienza maturata negli incontri parrocchiali mi ha portato a riflettere su quanto sia necessario, ma anche bello, condividere ricchezze e fragilità, raccontarci di una fede spesso altalenante, cercando di stare uniti nella comunità di appartenenza. Sull’onda dell’esperienza sinodale abbiamo dato vita in parrocchia a una positiva sperimentazione: nei mesi scorsi si sono tenuti due incontri, con la stessa metodologia del discernimento comunitario, su tematiche attuali». «Mi auguro che si possa arrivare a proposte concrete per una Chiesa incarnata nella quotidianità, che si confronti con le difficoltà di ogni giorno nel mondo familiare, lavorativo, sociale – argomenta Liana Benvegnù della parrocchia di Tombelle – Spero in una Chiesa che sappia andare oltre le etichette e il bisogno di incanalare tutto dentro schemi fissi, che sappia riconoscere il valore di ognuno. Mi auguro ancora che possa essere una Chiesa in uscita, perché è nell’incontro con l’altro che si trova la propria forza e identità. Penso che questo sia solo l’inizio di un percorso per creare spazi di confronto e approfondimento, perché è necessario sensibilizzare alla conoscenza e alla consapevolezza di ciò che siamo come cattolici: a volte siamo così presi dal fare, che ci dimentichiamo di essere! Credo sia fondamentale sforzarsi di essere testimoni autentici e credibili, ciò che è possibile attuare solo attraverso l’amore di Dio». Di Chiesa in uscita e di testimonianza d’amore parla anche Chiara Zanovello di Villafranca Padovana, che sottolinea la necessità di impegnarsi già ora, dal basso, in un processo di cambiamento: «Dentro a ogni realtà c’è bisogno di fare una lettura critica, progettare, sognare, osare, e, sempre di più, “uscire”; mi piacerebbe sentirmi parte di una Chiesa come la vede e la sogna papa Francesco. Mi sembra che le nostre parrocchie abbiano vedute piccole. C’è bisogno di “fare Chiesa fuori dalla Chiesa”. Dal Sinodo mi aspetto che sia motivo per allargare vedute e orizzonti riguardo le tante situazioni di realtà familiari e sociali che sono cambiate negli anni, con le quali ogni giorno, come laici, ci ritroviamo a vivere, confrontarci, collaborare. E forse, comunque, questo è un compito di ciascuno: essere testimoni credibili dell’amore di Dio, ma vissuto nella concretezza della vita, che accoglie sempre, perdona, sostiene». Sottolinea, invece, il tema dei laici, Paola Drago della parrocchia di Arre, presidente di Azione cattolica nel vicariato del Conselvano. «Spero che dal Sinodo possano arrivare a indicazioni chiare e concrete soprattutto per quanto riguarda i laici impegnati nelle parrocchie: penso agli aspetti di carità, di liturgia, ai rapporti con le istituzioni del territorio, con gli ammalati, tutto ciò in considerazione della sempre maggior carenza di sacerdoti. Penso inoltre a figure di laici che possano dedicare parte della loro giornata a un impegno retribuito in parrocchia. Credo, inoltre, nell’importanza della formazione: ci sono proposte molto belle, profonde che potrebbero essere rivolte alle comunità, in particolare a quelle che sono già in rete tra di loro… Chissà se si parlerà anche di questo tra i “sinodali”». «Anch’io ritengo che l’Assemblea sinodale debba guardare con un occhio di riguardo ai laici, su cui si gioca molto delle nostre comunità – argomenta infine Giuseppe Bedin, parrocchia di Madonna dell’Olmo, Thiene – Ho visto, nell’esperienza di chi ha partecipato ai Gruppi di discernimento, forte desiderio di partecipazione, c’è voglia di confronto, disponibilità a mettersi in gioco e a costruire qualcosa di nuovo. Credo che si debba partire dal volto delle parrocchie: che comunità ecclesiali vogliamo? Come costruire nuove comunità? Dal Sinodo, in generale, mi attendo un grande balzo in avanti e, soprattutto, coraggio. Spero in un Sinodo che non abbia paura di fare proposte, cogliendo la novità che lo Spirito suggerisce, e che non si chiuda a compromessi. Auguro ai sinodali di avere coraggio e fiducia, nella consapevolezza che si sta costruendo qualcosa di nuovo».
CONCORSO PER IL CANTO DEL SINODO. Giunti 12 brani. La Presidenza designerà il vincitore
Al Concorso per la composizione del canto del Sinodo, la cui data di scadenza era il 31 marzo, sono giunti 12 i brani. Il “vincitore” – designato dalla Presidenza del Sinodo – verrà presentato e premiato nel contesto dell’Assemblea sinodale. Tra gli autori – nati tra 1961 e 1995 – ci sono un prete, una religiosa, un diacono permanente e la moglie, laici e laiche; alcuni brani sono di un autore singolo, mentre in altri casi sono frutto di collaborazioni. A volte l’autore è solo, a volte ha delle collaborazioni (uno fa il testo, un altro fa la musica). «Circa i testi – sottolinea il vicario generale, don Giuliano Zatti – il lavoro è stato fatto con qualità, musicando il testo del Vangelo delle nozze di Cana in modi diversi, ma anche la preghiera del Sinodo». Il concorso invitava a ideare un canto, o in alternativa un ritornello/ canone, che accompagnasse il Sinodo diocesano, da utilizzare in contesto liturgico e prevalentemente come canto d’inizio celebrazione, in modo particolare nel periodo delle sessioni plenarie dell’Assemblea, cioè da aprile a dicembre 2023. A ispirare le composizioni inedite è stato il brano evangelico delle nozze di Cana (Gv 2,1-11) e in particolare le parole che Maria rivolge ai servi – in riferimento a Gesù – che stanno accompagnando il cammino sinodale della Chiesa di Padova: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».