Pellegrinaggio in volo con Sant'Antonio da Padova. Il racconto di don Alberto Albertin della giornata di sabato
Quando il vescovo, mons. Claudio Cipolla, mi ha chiesto la disponibilità di rappresentarlo nel pellegrinaggio in elicottero con le reliquie del Santo di Padova, non ho esitato a dirgli di sì, anche perché la novità incuriosisce sempre.
A causa della situazione di emergenza che tutti stiamo vivendo e non potendo realizzare la tradizionale processione del Santo a cui partecipavano migliaia di persone provenienti da ogni dove, ecco che fra Oliviero Svanera, rettore della basilica di Sant’Antonio, ha avuto la geniale idea di permettere a sant’Antonio di andare lui da tante persone attraverso un pellegrinaggio in elicottero.
L’idea è stata accolta subito con entusiasmo e disponibilità dall’Esercito Italiano, che ha messo a disposizione il mezzo e una squadra di militari che si sono rivelati non solo all’altezza della situazione, ma pure persone squisite con cuore e anima grandissime.
Si è trattato di un vero e proprio pellegrinaggio dove la curiosità iniziale ha lasciato il posto alla fede e alla preghiera.
L’esperienza vissuta è stata, a dir poco, entusiasmante e significativa perché il busto dorato con la Reliquia del Santo di Padova, è stato collocato davanti a uno dei portelloni dell’elicottero e lo sguardo di sant’Antonio, come pure quello del Bambino Gesù che porta in braccio, entrambi guardavano in basso.
Nel lungo tragitto percorso, pur consapevole che si trattava di una statua, ho percepito nitida la consapevolezza che lo sguardo di Dio e dei santi era rivolto in giù sui paesi, sui luoghi, sulle case e soprattutto sulle persone che avevano sofferto e stavano soffrendo.
Dall’elicottero però ho provato e percepito un’altra esperienza forte: dal basso migliaia di occhi e cuori erano rivolti verso l’alto e guardavano sì l’elicottero possente e rumoroso, ma si sforzavano di scorgere la reliquia del Santo e tramite essa cercavano lo sguardo stesso di Dio.
È stata un’esperienza di sguardi: dal basso verso Dio e dall’alto verso le persone.
Il clima di preghiera che si è creato all’interno dell’elicottero ha permesso di vivere quell’esperienza come un vero e proprio evento di fede. Il cristiano è colui che con i piedi ben piantati per terra deve avere il cuore rivolto verso Dio e questa è la forza della fede, quella fede che libera dalla paura e dà speranza.
Sant’Antonio è stato percepito da tutti come l’intercessore nostro presso Dio. Inter-cedere vuol dire mettersi in mezzo tra Dio e le persone, vuol dire inter-porsi per presentare a Dio i bisogni degli uomini e delle donne di buona volontà. Gli sguardi di tante persone pieni di lacrime, le mani alzate che si agitavano verso il cielo, chi correva da una parte all’altra per vedere il Santo di Padova sono stati segni eloquenti che porterò per sempre impressi nel cuore perché espressivi di quella forza della fede che non possiamo sottovalutare o addirittura snobbare, tacciando il tutto come folclore. Confesso che moltissime persone, sapendo che sarei stato vicino al Santo in quel volo di speciale protezione sulla città di Padova e sulla diocesi intera, mi hanno “caricato” delle loro sofferenze, attese, preghiere e speranze che ho portato nel mio cuore per porle tutte nel cuore del Santo e, attraverso Lui, nel cuore stesso di Dio.
Venerare i santi, invocare i santi è un’esperienza che fa parte della vita del cristiano: fin dal giorno del battesimo si invocano i Santi, durante la celebrazione del sacramento del matrimonio si fa lo stesso, come pure ogni anno nella veglia pasquale; e come non ricordare le ordinazioni presbiterali e le professioni religiose quando gli eletti sono stesi per terra e vengono chiamati ad intercedere per loro i santi e le sante del Paradiso. I santi ci ricordano la vocazione primaria della nostra vita cristiana: vivere la fede puntando in alto, vivere la nostra fede nell’esercizio concreto della carità. Guardare i Santi vuol dire, prima di tutto, proclamare la bontà e la grandezza di Dio e contemplare quello che Lui riesce a fare nella vita delle creature che si aprono all’azione dello Spirito santificatore. Ammirare il loro esempio deve spronarci non tanto a cercare di imitare quello che hanno fatto i Santi perché potremo scoraggiarci e non sentire il loro esempio alla nostra portata, ma vuol dire, invece, scoprire ognuno di noi la nostra strada personale di santità e
realizzarla come hanno fatto loro e con il loro aiuto.
Mentre sorvolavo l’ospedale di Schiavonia, i paesi di Merlara e Vò, Camposampiero e infine la città di Padova, pensavo a quello che ebbe a dire santa Teresa di Gesù Bambino prima di morire: «Trascorrerò il mio paradiso a fare del bene sulla terra». Questo pensiero mi ha fatto scendere tante lacrime, perché ho capito che cosa fanno i santi in Paradiso e ho pregato per tante persone che in quelle ore guardavano in su, sempre più in su.
don Alberto Albertin,
delegato vescovile per la vita consacrata