Intelligenza artificiale e condizione umana. Aperto il 18° anno accademico della Facoltà teologica del Triveneto
L’apertura del 18° anno accademico della Facoltà teologica del Triveneto - che si è tenuta mercoledì 8 marzo - ha visto la
prolusione del prof. Adriano Pessina, ordinario di filosofia morale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano sul tema “Intelligenza artificiale e condizione umana. Questioni aperte”. L’intervento è stato preceduto dai saluti di mons. Claudio Cipolla, vice gran cancelliere della Facoltà; da mons. Francesco Moraglia, gran cancelliere; dal preside, don Andrea Toniolo.
Il prof. Adriano Pessina ha presentato il nuovo ambiente culturale che ha portato a cambiare i nostri stili di vita: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
L’addomesticamento tecnologico
Il confine tra on-line e off-line è sempre più sfumato, l’accesso alla rete informatica ci trasforma in “individui posseduti”, poiché i gusti, le relazioni e i convincimenti sono profilati dai proprietari delle tecnologie informatiche. «Oggi – sostiene Pessina – dovremmo ripensare a un “addomesticamento tecnologico”, poiché non ci limitiamo a usare gli strumenti tecnologici ma andiamo ad attribuirgli un senso nella nostra vita. Parliamo con le nostre macchine e le macchine ci parlano (come accade con Siri) e questo fa pensare che ci stiano offrendo un servizio personalizzato sebbene siano macchine collettive che “apprendono” grazie ai tecnici. La macchine non mentono e non sbagliano perché non sanno e non scelgono, si limitano soltanto a seguire i diversi percorsi creati dai programmatori, non sanno neanche ascoltare, parlare e rispondere poiché sono esperienze molto complesse appartenenti all’uomo che hanno poco a che fare con le operazioni effettuate dalle nuove tecnologie. Nonostante queste mancanze l’utente vede nella rete “l’oracolo che fornisce risposte” anche se riesce ad essere un effettivo aiuto soltanto a chi è già abituato alla ricerca, all’approfondimento, all’analisi, allo spirito critico; la rete infatti si limita a dare definizioni e soluzioni senza fornire i percorsi metodologici».
Abbattimento delle barriere spazio-temporali grazie all’altrove
Molti sono dipendenti volontariamente alla tecnologia, «dove essere immobilizzati davanti uno schermo – continua Pessina – non risulta un problema anzi questa dedizione a ciò che accade “altrove” consente di aumentare le nostre conoscenze e allargare il nostro sapere, arricchendoci di informazioni e relazioni ma sorge una questione: il termine “schermo” significa anche che il mondo che viene a noi è ciò che “appare” a chi stava riprendendo, si sa, questa non è una nuova problematica ma oggi ognuno di noi può essere creatore di immagini o notizie e questo rende difficile ricostruire l’affidabilità e l’attendibilità di ciò che vediamo». Inoltre i social e le piattaforme, come Zoom o Teams, «hanno condizionato la nostra vita rendendo presente ciò che è assente e altrove; siamo portati a pensare quindi che le barriere spazio- temporali siano state abbattute e la solitudine e l’isolamento siano, finalmente, superati, ma questa costante e possibile presenza dell’altrove in qualsiasi luogo e momento diventa un’interferenza agli ambienti che viviamo quotidianamente e che richiedono determinati comportamenti (scuola, abitazione, fabbrica, chiesa…). Il significato di esperienza quindi cambia e viene considerata esperienza solo ciò che può essere fotografato, filmato e postato sui social e reso pubblica perché “ciò che non appare non esiste”. Dobbiamo quindi comprendere e valutare le opportunità che le nuove tecnologie ci offrono ma soprattutto che cosa esse fanno di noi».
Inforg e disincarnazione dell’esperienza umana
Secondo il filosofo Luciano Floridi «l’onlife sta delineando una concezione dell’uomo nuova: l’inforg, un termine che fonde due parole, informazione e organismo. L’uomo bisogna cioè pensarlo come un “ente informazionale” che si sviluppa con il mondo informazionale che sta generando lui stesso con l’intelligenza artificiale. Se si accetta questa prospettiva, come cambierà il nostro rapporto con i luoghi e i tempi della vita empirica? Come si trasformeranno le relazioni umane sostituite dalle connessioni tecnologiche? Restano domande decisive a cui non è possibile rispondere in modo univoco».
La rete diventerebbe un nuovo spazio da abitare in cui sviluppare la propria umanità superando la soglia del luogo e del tempo per esprimere nel digitale sè stessi, ci troviamo in una nuova era storica quella della “disincarnazione dell’esperienza umana” in cui cambia il significato di esperienza ed è sempre più rilevante ciò che non ha a che fare con la condizione corporea, ma senza carne non c’è esperienza umana: nessun vivente può abitare uno spazio digitale.
Ilaria Galletto