Edilizia di culto: è ora di andare anche oltre la sostenibilità
Anche l’edilizia di culto si trova a fare i conti con le sfide della sostenibilità e dell’innovazione: uno scenario decisamente complesso soprattutto perché riguarda in gran parte interventi di ristrutturazione su edifici esistenti, dai patronati alle varie opere parrocchiali.
Se ne è parlato nell’ambito degli “Stati generali dell’edilizia di culto” a Koinè, la fiera internazionale per il settore religioso che si è tenuta la scorsa settimana a Vicenza. «L’appello contenuto nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco che riguarda la terra non può non coinvolgere anche la cura dei beni delle parrocchie e delle diocesi, sia per quanto concerne la nuova progettazione che la ristrutturazione e la manutenzione dell’esistente», ha rilevato Gianmaria Alessio, teologo e liturgista, coordinatore del comitato scientifico di Koinè ricerca. «Nell’affrontare un progetto –ha
continuato – è necessario scegliere un paradigma diverso da quello puramente tecnocratico che non tiene conto che, nei loro processi, le tecnologie non sono neutrali; serve un nuovo approccio che sia consapevole che ogni azione ha una conseguenza nel delicato equilibrio natura-realtà costruita. I temi da affrontare sono dunque il risparmio delle risorse, l’abbattimento delle emissioni inquinanti da parte di un edificio nel suo ciclo di vita, la corretta gestione dei flussi di materiali impiegati nella costruzione e l’utilizzo di fonti rinnovabili». «Il rischio di greenwashing, cioè di falsa ecosostenibilità, è dietro l’angolo», ha fatto notare Francesca Leto, architetto e docente di liturgia presso l’Istituto di Scienze religiose di Vicenza. Secondo Leto, questo riguarda anche i beni parrocchiali, la cui sostenibilità economica è
interconnessa a quella ambientale e richiede uno sguardo sul lungo termine che permetta di impostare già dalla fase progettuale un ridotto dispendio di risorse. Per il quale serve quindi formazione, sia dei progettisti sia dei committenti come degli installatori: «I primi – continua Leto – per saper proporre progetti realmente sostenibili, i secondi per saper discernere tra reali edifici sostenibili e operazioni di mero greenwashing, i terzi per saper realizzare manufatti secondo un nuovo approccio». Sul tema della sostenibilità si è soffermato anche l’ing. Filippo Busato, presidente di Aicarr, Associazione italiana condizionamento aria riscaldamento refrigerazione, che ha affermato provocatoriamente che non è detto che gli edifici sostenibili siano quelli che consumano poca energia. La valutazione, oggi, va fatta sull’intero ciclo di vita di un manufatto, allargando l’orizzonte temporale preso in considerazione. «Sostenibilità in edilizia è in primis riduzione delle emissioni di gas climalteranti», ha affermato Busato. Ma più si ottengono riduzioni nei consumi degli edifici, più emerge il tema della sostenibilità del processo di costruzione: il reperimento delle materie prime, la lavorazione, il trasporto, l’assemblaggio, e poi lo smantellamento finale. «Sempre più ci si deve preoccupare della “costruzione” rispetto al “costruito”», ha sottolineato. Nella prospettiva di un credente ciò significa passare a un approccio di economia circolare, legato non solo alla demolizione dell’edificio a fine vita, ma al reimpiego e riciclo dei materiali. «Tutto questo va però pensato fin dalla fase di progettazione», ha concluso l’ingegnere.
Un’edilizia “dalla culla alla culla”
Se negli ultimi decenni in edilizia di ragionava con un approccio detto “dalla culla alla tomba”, ovvero dalla costruzione allo smantellamento, ora si deve ragionare con approccio “dalla culla alla culla”, ovvero in termini di economia circolare, di riuso e riciclo, consapevoli che dopo una prima vita l’edificio ne potrà avere una seconda.