Croce. Di fronte a Lui diciamo il sì della fede
La croce è il supremo sacrificio dell’amore e la resurrezione il suo ultimo trionfo: Alexander Schmemann dedica alla Pasqua pagine di grande autorevolezza e coraggio
Pochi teologi, anche tra i massimi del Novecento, hanno saputo inoltrarsi nel mistero di Dio, camminare sospesi sulla sua via, come Alexander Schmemann (1921- 1983). Libero dai vincoli che l’uomo dei lumi si è imposto, e aggrappato invece alla preghiera, questo pastore dedica al centro del cristianesimo, la Pasqua, pagine che splendono per autorevolezza e coraggio. «Il potere della risurrezione – scrive – non è un divino “potere in se stesso”, ma piuttosto la potenza dell’amore, l’amore divenuto potenza. Dio è Amore, e l’Amore è Vita, l’Amore crea la Vita». A fondamento di una visione così salda, c’è un’attenzione che prova a cogliere il battere del cuore del Figlio di Dio, per poter osare il perché davanti a cui si trema e rispetto a cui tutto sta o cade: perché l’Onnipotente è sceso nella morte, salendo sulla croce? Schmemann guarda la sua commozione, le lacrime del Logos eterno davanti alla tomba di Lazzaro, colte dal «più corto versetto del Vangelo». Il Signore «si trova faccia a faccia con il suo Nemico che gli ha rapito la creazione», ed è lì che si accende la scintilla di Genesi. Il Figlio di Dio non può non voler dare di nuovo al nulla la luce, entrare in quel buio per plasmare la sua creatura nella carne dell’amico fraterno. «Il Sabato di Lazzaro inaugura allo stesso tempo la croce come supremo sacrificio dell’Amore e la risurrezione come suo ultimo trionfo». Le lacrime di Gesù sono un’epiclesi e davvero rinunciare a dire, davanti a esse, il sì della fede sarebbe cadere nel peccato tra tutti imperdonabile adombrato nel Vangelo di Matteo.