140° Cucine popolari. Il terzo evento dedicato alla povertà educativa
È stato dedicato alla povertà educativa il terzo appuntamento del calendario di eventi organizzati per i 140 anni delle Cucine economiche Popolari.
«Ci siamo resi conto di avere un grande potenziale educativo. Un bene immenso che dobbiamo rendere disponibile – ha sottolineato don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini – Per far conoscere questa realtà, accogliamo i ragazzi del cammino di iniziazione cristiana con la proposta “Vieni e vedi”, quelli delle superiori con i Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, ex scuola lavoro, ndr), e invitiamo tutti a partecipare alla “cena sospesa”».
È stata infatti ripresa la proposta rivolta ai giovani di cenare alle Cucine, dove il costo di un pasto è di 2,50 euro, lasciandone uno “sospeso” per chi non può pagarlo. «Il nostro intento è aprirci – ha proseguito don Facco – e lasciare che il mondo entri. È il nostro modo per essere più vicini ai giovani che cercano di dare un senso alla loro vita, prospettive di futuro e di significato».
All’incontro dal titolo “Cucine economiche popolari: laboratorio di umanità”, che si è tenuto il 17 novembre, il valore delle Cep come luogo di relazione tra diverse culture è stato messo in luce dall’intervento dell’imam Kamel Layachi (comunità islamica del Veneto) e da quello di Marco Ius (docente di pedagogia interculturale dell’Università di Trieste), che ha invitato a «guardare le Cucine come qualcosa che è buono e che non necessariamente dobbiamo capire, ma dove la comprensione passa attraverso l’esperienza e la condivisione». Per Luigi Gui (professore di sociologia a Trieste), le Cucine sono «un luogo dove si incontrano persone che manifestano dei bisogni, alle quali viene risposto con la relazione. Quando si dice “vale la pena”: alle Cucine non si toglie la pena, ma si riconosce il valore delle persone». La persona ha un valore altissimo, «in quanto immagine di Dio», anche per Elisabetta Vendramini, fondatrice delle suore Elisabettine, la cui figura è stata approfondita dalla superiora suor Maria Fardin, nel giorno in cui si celebra Santa Elisabetta d’Ungheria: «Due donne molto lontane, ma accomunate dalla definizione “madre dei poveri”».