Dopo 30 anni, torna a Breslavia, in Polonia, il 42° Incontro europeo dei giovani animato dalla Comunità ecumenica di Taizé. Un evento che riunirà da domani fino al 1 gennaio 15mila giovani e che ha ricevuto l’incoraggiamento di papa Francesco e leader religiosi e politici. 30 anni fa, osserva fr. Alois, il muro di Berlino era appena caduto, un vento di libertà soffiava in tutta Europa. Oggi il contesto è diverso. “Le divisioni tendono a stabilizzarsi, le generazioni più giovani stanno vivendo con più preoccupazione il futuro. È quindi ancora più importante offrire ai giovani europei l'opportunità di incontrarsi e ascoltarsi al di là delle frontiere”
Chiesa nel mondo
“Possiate scoprire insieme quanto il radicamento nella fede vi chiama e vi prepara ad andare verso gli altri, a rispondere alle nuove sfide delle nostre società, in particolare i pericoli che pesano sulla nostra casa comune”. È l’invito che Papa Francesco rivolge ai giovani riuniti a Breslavia, in Polonia, per il 42° Incontro europeo dei giovani che come ogni anno si apre il 28 dicembre e si conclude il 1 gennaio.
“La festa di questo primo martire Stefano ci chiama a ricordare tutti i martiri di ieri e di oggi, – oggi sono tanti! – a sentirci in comunione con loro, e a chiedere a loro la grazia di vivere e morire con il nome di Gesù nel cuore e sulle labbra”. Lo ha detto Papa Francesco nell’Angelus per la festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa.
Nell'omelia della Messa di Mezzanotte, a Betlemme, mons. Pierbattista Pizzaballa ha esortato tutti ad assumere lo "stile di Betlemme", lo stile di Gesù, che significa "sentire nel proprio cuore e nella propria carne, il destino di ogni uomo, a cominciare dal povero, da chi è rifiutato e abbandonato".
“Il Figlio di Dio, disceso dal Cielo sulla terra, sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura.
“Desideriamo formulare a voi e al popolo Sud-Sudanese i migliori auguri di pace e di prosperità, assicurando la nostra vicinanza ai vostri sforzi per l’attuazione sollecita degli Accordi di pace”.
Un atto di fiducia assoluta da parte di Dio e una realtà che sconvolge e invita a schierarsi dalla parte dei più fragili. E’ una lettura controcorrente del Natale, quella offerta al Sir da padre Ermes Ronchi, che definisce Dio “un mendicante d’amore come noi” e assicura: “Noi possiamo essere la sua culla o la sua tomba, la sua mangiatoia o il suo calvario”
“Auguro a tutti, cominciando dalla Chiesa, un Natale inclusivo, perché il Natale è la festa più inclusiva che esiste. Includere, accogliere, vale per tutti: per le nostre famiglie, per la mia città che ne ha tanto bisogno, vale per la nostra Italia e il mondo intero. A coloro che lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. Natale è accogliere, accogliere, accogliere”.
“Mentre qui in terra tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa della notte di Natale, celebrata la sera della vigilia nella basilica di San Pietro.
“Buon Natale… povero.Proprio così! Auguro a voi, e a me stesso, proprio un Natale povero. Non perché desidero che abbiate il conto corrente in rosso o la tavola sguarnita. Anzi… Spero che la mensa della vostra casa sia abbondante e curata e che la vostra tavola sia affollata di persone che vi vogliono bene e a cui ne volete.
A pranzo con i più poveri il 25 dicembre. “Una grande tavolata capace di mettere insieme tante persone diverse tra loro". L'appuntamento a Roma è nella basilica di Santa Maria in Trastevere
“La Chiesa non è un potere da amministrare o da distribuire, ma una testimonianza, un servizio da rendere”.
Niente Messa di Mezzanotte, niente luci, né concerti e serate conviviali e soprattutto nessun ricevimento per lo scambio di auguri: sarà un Natale di assoluta sobrietà quello che la comunità caldea si appresta a vivere.
“Non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati”.
“Non possiamo salvarci da soli”. Comincia così il videomessaggio congiunto del Papa e del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, registrato in spagnolo durante l’udienza di venerdì in Vaticano.