Chiesa nel mondo

Un viaggio nella “terra in cui si incontrano due mari”, all’insegna del dialogo e della fraternità. E in continuazione con l’impegno preso nel Documento sulla Fratellanza Umana di Abu Dhabi. Così, Nader Akkad, imam della Grande Moschea di Roma, presenta il “significato” del viaggio apostolico di Papa Francesco nel Regno del Bahrein dove parteciperà alla chiusura del "Bahrain Forum for Dialogue: East and West for Human Coexistence"

“Mentre la maggior parte della popolazione mondiale si trova unita dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, nonché da un’ingiustizia planetaria sempre più scandalosa, pochi potenti si concentrano in una lotta risoluta per interessi di parte, riesumando linguaggi obsoleti, ridisegnando zone d’influenza e blocchi contrapposti. Sembra così di assistere a uno scenario drammaticamente infantile”.

“Uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero”. E allora quanti “mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci?” “Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre?”. “Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?”. “Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte?”. “Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?”. 

“Stiamo aspettando Papa Francesco con gioia e con enorme soddisfazione. Sappiamo di non essere dimenticati”. Così mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia del Nord (Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita) descrive al Sir l'attesa dei cristiani e dei cattolici locali per il viaggio di Papa Francesco in Bahrein, dal 3 al 6 novembre. Nel piccolo Regno vive la più antica comunità cristiana della penisola arabica

“Avevamo problemi con il mutuo e siamo stati accolti” racconta una coppia. Sono stati 75 nel 2022, per due milioni e mezzo di euro, gli interventi messi a segno dalla Fondazione antiusura Sant’Ignazio de Laconi, braccio della Caritas diocesana di Cagliari, grazie a don Marco Lai e ai suoi collaboratori.

Si è svolto a Frascati, nel lungo week end festivo tra il 29 ottobre e Ognissanti, il convegno nazionale del Movimento eucaristico giovanile (Meg): sezione giovanile della rete mondiale di preghiera del Sommo Pontefice (già apostolato della preghiera). Erano 570 i partecipanti, dalle scuole medie all’università, provenienti anche dalle comunità Meg dell’Albania, di Malta e di Bruxelles, che si sono ritrovati da tutta Italia presso il “Centro Papa Giovanni XXIII” della cittadina dei Castelli Romani. Il tema del convegno era “Alza gli occhi e guarda lontano”: i lavori hanno ufficialmente dato il via all’anno sociale 2022/2023, dedicato alla ”Missione e Speranza”.

Sono rientrati a casa con la consapevolezza di aver vissuto l’inizio di un grande processo di discernimento che li vedrà impegnati a trovare nuove strade attraverso le quali i giovani possano incontrare il Signore Risorto nell’ordinario delle proprie esistenze. Lo scorso fine settimana i duemila responsabili parrocchiali e diocesani del settore giovani dell’Azione cattolica italiana hanno preso parte a Roma a tre intense giornate di preghiera, formazione e fraternità.

In vista della Commemorazione dei Defunti del 2 novembre, pubblichiamo una riflessione dell’arcivescovo Ordinario militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò. Riflessione che giunge ancora più attuale visto che la festa dei defunti di quest’anno cade in un tempo segnato dal ritorno della guerra sul suolo europeo. Il conflitto scoppiato, il 24 febbraio scorso, dopo l’aggressione russa all’Ucraina, va così ad aggiungersi alle tante guerre in corso nel mondo. È in queste guerre, scrive mons. Marcianò, che “la ‘dissolvenza dei volti’ è forse più marcata e i morti sono più spesso vittime inconsapevoli e deboli”, militari, bambini, anziani, “uomini e donne colpiti nella quotidianità”

La Comunione dei santi non riguarda solo i fratelli e le sorelle che vivono accanto a me in questo momento storico, ma anche quelli che hanno concluso il cammino, il loro pellegrinaggio terreno e hanno varcato la soglia della morte. Anche loro sono sempre in comunione con noi

Il santo non può mai odiare, sarà sempre e comunque uomo di pace. Nessuno può essere chiamato martire dalla Chiesa se odia chi lo uccide, alla maniera dei terroristi integralisti. No, martire è solo colui che offre la vita anche per i suoi uccisori: martire è solo chi muore dicendo, come santo Stefano, “Padre perdona loro”